LUIS BACALOV: BAIRES CONCERTO
A due anni di distanza è totorna al Teatro Olimpico di Roma impegnato in unico concerto prodotto dall’Accademia Filarmonica Romana il maestro Luis Bacalov, celebre pianista compositore e direttore d’orchestra premio Oscar per la colonna sonora de “Il postino”. Solo davanti a un pianoforte per un concerto assai particolare. È statai la prima esecuzione assoluta di “Baires Concerto”, una «composizione aperta» come dice lui stesso che «teoricamente potrebbe durare ore o pochi minuti».
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(Mariangiola Castrovilli) - Abbiamo incontrato il Maestro che avevamo conosciuto a Mar Del Plata nel 2007 in occasione del suo primo megaconcerto in patria dopo lunghi anni di assenza, ospite d’onore del XXII° Festival Cinematografico Internazionale che gli aveva decretato un premio alla carriera, subito prima dell’unico concerto romano per una chiacchierata informale.
Bacalov, lei e il tango…
«Mi sono interessato al tango in tempi relativamente recenti, infatti non ho una buona memoria per le parole infatti del “Don Giovanni” non ricordo una sola sillaba. Ricordo però che 25 anni fa ero con amici che dopo aver mangiato e sbevazzato non poco misero su dei tanghi e mi accorsi all’improvviso che conoscevo tutte le parole. Retaggio di domeniche passate da bambino ad ascoltare mio padre che sintonizzato con la radio cantava con voce molto intonata i tanghi assieme ai cantanti. Se sono diventato musicista però non lo devo certo a lui che mi voleva metallurgico ma per mia madre che mi ha sempre spalleggiato».
Maestro il suo incontro con Troisi?
«Non l’ho mai conosciuto perché quando mi hanno chiamato per scrivere la colonna sonora lui era già morto. Mi sono trovato in moviola dopo un altro musicista che non si era inteso con il regista Michael Radford. Ho scritto la musica in venti giorni. Quello che della storia mi aveva emozionato di più era Neruda che diventa per il postino qualcosa tra il padre ed il maestro. E lui Neruda cosa ascolta? Tanghi e allora via subito col tango…».
Bacalov com’è il suo rapporto con l’Argentina?
«Di odio e amore. Ci ritorno sempre volentieri ma se non ci vivi, non devi aspettarti molto. Ci devi vivere e se ti chiami Baremboin la cosa è diversa… D’altronde se ti va così bene fuori che cosa ci vieni a fare qua?»
Ma torniamo al concerto. Baires, come gli argentini chiamano affettuosamente Buenos Aires la loro capitale e concerto, parola italiana a cui Luis annette un significato speciale, cioè un ‘modo per esprimere i suoi ricordi’. Baires concerto dunque per due motivi dice ancora il maestro, «ricordare la grande influenza italiana nella storia e nella realtà culturale del mio Paese e non dimenticare che ho vissuto la parte più importante della mia vita proprio qui in Italia dove abito da ormai cinquant’anni. Ecco così un concerto che è memoria, omaggio e decisamente qualche cosa di me».
Elegante nel suo abito nero con l’argentea chioma lunga e gli occhi acuti che sorridono mentre abbraccia il suo pubblico il maestro con le agili dita che volano sulla tastiera è pronto a regalarci una valanga di emozioni che scolpisce nota per nota. Le pareti si dilatano, non esiste più niente se non la sua musica e l’amore di questo musicista per la sua città che descrive in un arcobaleno di sensazioni in un lungo viaggio dell’animo sulle ali del ricordo.
Baires com’era e come è oggi, vista attraverso la sua periferia, i suoi quartieri dai più pittoreschi come Sant’Elmo ai più eleganti e raffinati, dalla Recoleta a Palermo da Porto Madero a La Boca in una cascata di note nostalgiche dove albergano i più diversi sentimenti espressi a ritmo di tango . E di sobborgo in sobborgo il Maestro passa dal giorno alla notte fino a farci assistere ad una lotta, come sempre avviene nel tango, «cercando tranquillamente una sfida di coltello (a Borges)». E la musica si fa impetuosa, sembra quasi di vederli questi duellanti che combattono per un amore che è sempre gelosia. Per essere gli unici incontrastati padroni del cuore della donna amata.
Dopo l’intervallo il maestro esegue una seconda parte, con il mignolo sinistro infortunato e che lo fa soffrire ma Bacalov continua con la stessa bravura, con lo stesso generoso impeto in una serie di tanghi mozzafiato. Ecco così un sensualissimo “Tango porteno” di Astor Piazzolla, e poi preso il microfono il Maestro spiega perché il brano dal film “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri si chiamò appunto “Indagine”. «Morricone, mio amico da sempre aveva scritto sulla partitura ‘Tempo di marcia’ , invece per me era tango. Lui insisteva che si trattava di una marcia militare. Adesso dopo trent’anni, invecchiati ed addolciti siamo riusciti ad arrivare ad un compromesso…» e dalle parole passa alla dimostrazione pratica, e, in effetti ha ragione lui, è proprio tango.
Ed ecco il gran finale con due pezzi di Gardel, “El cioclo” e lo splendido “El dia que me Quieras” «ovvero il giorno in cui mi vorrai bene, perchè tutti abbiamo bisogno di affetto» conclude Bacalov. Ed il teatro viene giù dagli applausi.
(Mariangiola Castrovilli) - Abbiamo incontrato il Maestro che avevamo conosciuto a Mar Del Plata nel 2007 in occasione del suo primo megaconcerto in patria dopo lunghi anni di assenza, ospite d’onore del XXII° Festival Cinematografico Internazionale che gli aveva decretato un premio alla carriera, subito prima dell’unico concerto romano per una chiacchierata informale.
Bacalov, lei e il tango…
«Mi sono interessato al tango in tempi relativamente recenti, infatti non ho una buona memoria per le parole infatti del “Don Giovanni” non ricordo una sola sillaba. Ricordo però che 25 anni fa ero con amici che dopo aver mangiato e sbevazzato non poco misero su dei tanghi e mi accorsi all’improvviso che conoscevo tutte le parole. Retaggio di domeniche passate da bambino ad ascoltare mio padre che sintonizzato con la radio cantava con voce molto intonata i tanghi assieme ai cantanti. Se sono diventato musicista però non lo devo certo a lui che mi voleva metallurgico ma per mia madre che mi ha sempre spalleggiato».
Maestro il suo incontro con Troisi?
«Non l’ho mai conosciuto perché quando mi hanno chiamato per scrivere la colonna sonora lui era già morto. Mi sono trovato in moviola dopo un altro musicista che non si era inteso con il regista Michael Radford. Ho scritto la musica in venti giorni. Quello che della storia mi aveva emozionato di più era Neruda che diventa per il postino qualcosa tra il padre ed il maestro. E lui Neruda cosa ascolta? Tanghi e allora via subito col tango…».
Bacalov com’è il suo rapporto con l’Argentina?
«Di odio e amore. Ci ritorno sempre volentieri ma se non ci vivi, non devi aspettarti molto. Ci devi vivere e se ti chiami Baremboin la cosa è diversa… D’altronde se ti va così bene fuori che cosa ci vieni a fare qua?»
Ma torniamo al concerto. Baires, come gli argentini chiamano affettuosamente Buenos Aires la loro capitale e concerto, parola italiana a cui Luis annette un significato speciale, cioè un ‘modo per esprimere i suoi ricordi’. Baires concerto dunque per due motivi dice ancora il maestro, «ricordare la grande influenza italiana nella storia e nella realtà culturale del mio Paese e non dimenticare che ho vissuto la parte più importante della mia vita proprio qui in Italia dove abito da ormai cinquant’anni. Ecco così un concerto che è memoria, omaggio e decisamente qualche cosa di me».
Elegante nel suo abito nero con l’argentea chioma lunga e gli occhi acuti che sorridono mentre abbraccia il suo pubblico il maestro con le agili dita che volano sulla tastiera è pronto a regalarci una valanga di emozioni che scolpisce nota per nota. Le pareti si dilatano, non esiste più niente se non la sua musica e l’amore di questo musicista per la sua città che descrive in un arcobaleno di sensazioni in un lungo viaggio dell’animo sulle ali del ricordo.
Baires com’era e come è oggi, vista attraverso la sua periferia, i suoi quartieri dai più pittoreschi come Sant’Elmo ai più eleganti e raffinati, dalla Recoleta a Palermo da Porto Madero a La Boca in una cascata di note nostalgiche dove albergano i più diversi sentimenti espressi a ritmo di tango . E di sobborgo in sobborgo il Maestro passa dal giorno alla notte fino a farci assistere ad una lotta, come sempre avviene nel tango, «cercando tranquillamente una sfida di coltello (a Borges)». E la musica si fa impetuosa, sembra quasi di vederli questi duellanti che combattono per un amore che è sempre gelosia. Per essere gli unici incontrastati padroni del cuore della donna amata.
Dopo l’intervallo il maestro esegue una seconda parte, con il mignolo sinistro infortunato e che lo fa soffrire ma Bacalov continua con la stessa bravura, con lo stesso generoso impeto in una serie di tanghi mozzafiato. Ecco così un sensualissimo “Tango porteno” di Astor Piazzolla, e poi preso il microfono il Maestro spiega perché il brano dal film “Indagine su di un cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Elio Petri si chiamò appunto “Indagine”. «Morricone, mio amico da sempre aveva scritto sulla partitura ‘Tempo di marcia’ , invece per me era tango. Lui insisteva che si trattava di una marcia militare. Adesso dopo trent’anni, invecchiati ed addolciti siamo riusciti ad arrivare ad un compromesso…» e dalle parole passa alla dimostrazione pratica, e, in effetti ha ragione lui, è proprio tango.
Ed ecco il gran finale con due pezzi di Gardel, “El cioclo” e lo splendido “El dia que me Quieras” «ovvero il giorno in cui mi vorrai bene, perchè tutti abbiamo bisogno di affetto» conclude Bacalov. Ed il teatro viene giù dagli applausi.
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