Fiat, appello del Presidente Napolitano ed il “modello” Pomigliano
Umberto Ranieri del Pd e Federico Libertino segretario CGIL della Camera del Lavoro di Napoli. Trovare un’uscita allo stallo della vicenda sindacale che pesa sull’intero Paese.
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NAPOLI,
(informazione.it - comunicati stampa - industria)
A Capodanno, il Presidente Giorgio Napolitano nel suo accorato appello di fine anno ha richiesto al Paese intero un atteggiamento responsabile di fronte alla crisi. Chiaramente il Presidente si rivolgeva al sindacato ma anche a tutti gli altri attori delle relazioni industriali.
Pensiamo che la ricomposizione dello ‘strappo’ alle relazioni sindacali effetto della vicenda Fiat sarebbe letta come un gran bel segnale di quella ritrovata responsabilità nazionale richiesta dal Presidente. Ormai nessuno tra i sindacati e il governo pensa e auspica più accordi separati, per cui complice la ritrovata unità sindacale e l’appello del Presidente, mettendo in conto uno spirito nazionale di Marchionne e della Fiat, non ci pare un azzardo aspettarsi uno scossone alla cappa di rassegnazione e di ‘mancata condivisione degli obiettivi generali’ che sembra calarsi sul nostro paese e nel mondo del lavoro dove cresce il malessere contro un impoverimento subito e provocato da altri.
Le dichiarazioni rilasciate in questi ultimi giorni da Federico Libertino, segretario CGIL della Camera del Lavoro di Napoli e la risposta di Umberto Ranieri, il responsabile meridionale del Pd, sulla vicenda Fiat e sulla configurazione di nuovo modello di sindacato e di relazioni sindacali, potrebbero essere rilette oggi alla luce dell’appello del Presidente.
Libertino ha certo ragione nei suoi giudizi sul «modello Pomigliano» che metterebbe in discussione le fondamenta del pluralismo sindacale. «Prima che un’ingiustizia contro la Fiom e quindi contro la stessa Cgil, qui è stata messa in mora la democrazia: i lavoratori non possono scegliersi liberamente i propri delegati». Per il dirigente sindacale napoletano, «il principale obiettivo è tornare in fabbrica», «restare fuori dai luoghi di lavoro equivale a una sconfitta». La Fiom, infatti, è fuori dalla Fiat pur essendo l’organizzazione più rappresentativa tra i lavoratori, alle RSU elette subentreranno le RSA nominate dagli altri sindacati.
Non ha certo torto Ranieri quando chiede al sindacato di pensare a soluzioni concrete per rivedere il modello contrattuale e - anticipando l’appello rivolto loro dal Presidente - chiede ai sindacati di ritornare protagonisti nella battaglia delle riforme e l'occupazione. Del resto afferma l’esponente del Pd, «i contenuti dell'accordo sarebbero stati migliori senza la drammatica lacerazione intervenuta nella categoria dei metalmeccanici», «occorre che il sindacato torni in fabbrica perché è lì che può riprendere l'iniziativa»..
Il Presidente Napolitano e il Governo sono consapevoli che il sindacato dei metalmeccanici Cgil è controparte indispensabile per affrontare le crisi dei grandi gruppi e quindi del sistema industriale nazionale. La vertenza Alenia in questi ultimi mesi ha dimostrato che la Fiom oltre che un’organizzazione rappresentativa è un sindacato che si assume il peso delle responsabilità quando le regole del gioco sono rispettate. Certo non è facile trovare un’uscita al cul de sac in cui è finita la vicenda Fiat, ma è una partita troppo importante per il Paese-Italia per lasciare che a giocarla siano solo i personaggi finora sulla scena.
La crisi serva almeno a capire che forse è tempo per le aziende e il sindacato di rivedere gli strumenti di rappresentanza e di partecipazione. Per la ripresa dell’economia è fondamentale la crescita della produttività delle imprese e per reggere la competizione globale è centrale la qualità dei prodotti, serve quindi una maggiore identificazione e condivisione dei lavoratori ai risultati delle aziende. Chi deve afferrare il filo e sbrogliare la matassa?
Antonio Ferrara
Pensiamo che la ricomposizione dello ‘strappo’ alle relazioni sindacali effetto della vicenda Fiat sarebbe letta come un gran bel segnale di quella ritrovata responsabilità nazionale richiesta dal Presidente. Ormai nessuno tra i sindacati e il governo pensa e auspica più accordi separati, per cui complice la ritrovata unità sindacale e l’appello del Presidente, mettendo in conto uno spirito nazionale di Marchionne e della Fiat, non ci pare un azzardo aspettarsi uno scossone alla cappa di rassegnazione e di ‘mancata condivisione degli obiettivi generali’ che sembra calarsi sul nostro paese e nel mondo del lavoro dove cresce il malessere contro un impoverimento subito e provocato da altri.
Le dichiarazioni rilasciate in questi ultimi giorni da Federico Libertino, segretario CGIL della Camera del Lavoro di Napoli e la risposta di Umberto Ranieri, il responsabile meridionale del Pd, sulla vicenda Fiat e sulla configurazione di nuovo modello di sindacato e di relazioni sindacali, potrebbero essere rilette oggi alla luce dell’appello del Presidente.
Libertino ha certo ragione nei suoi giudizi sul «modello Pomigliano» che metterebbe in discussione le fondamenta del pluralismo sindacale. «Prima che un’ingiustizia contro la Fiom e quindi contro la stessa Cgil, qui è stata messa in mora la democrazia: i lavoratori non possono scegliersi liberamente i propri delegati». Per il dirigente sindacale napoletano, «il principale obiettivo è tornare in fabbrica», «restare fuori dai luoghi di lavoro equivale a una sconfitta». La Fiom, infatti, è fuori dalla Fiat pur essendo l’organizzazione più rappresentativa tra i lavoratori, alle RSU elette subentreranno le RSA nominate dagli altri sindacati.
Il Presidente Napolitano e il Governo sono consapevoli che il sindacato dei metalmeccanici Cgil è controparte indispensabile per affrontare le crisi dei grandi gruppi e quindi del sistema industriale nazionale. La vertenza Alenia in questi ultimi mesi ha dimostrato che la Fiom oltre che un’organizzazione rappresentativa è un sindacato che si assume il peso delle responsabilità quando le regole del gioco sono rispettate. Certo non è facile trovare un’uscita al cul de sac in cui è finita la vicenda Fiat, ma è una partita troppo importante per il Paese-Italia per lasciare che a giocarla siano solo i personaggi finora sulla scena.
La crisi serva almeno a capire che forse è tempo per le aziende e il sindacato di rivedere gli strumenti di rappresentanza e di partecipazione. Per la ripresa dell’economia è fondamentale la crescita della produttività delle imprese e per reggere la competizione globale è centrale la qualità dei prodotti, serve quindi una maggiore identificazione e condivisione dei lavoratori ai risultati delle aziende. Chi deve afferrare il filo e sbrogliare la matassa?
Antonio Ferrara
Ufficio Stampa