Governo Monti. Alenia. Piano di rilancio colpito e affondato

Come se non bastassero le difficoltà del mercato, i tracolli in borsa di Finmeccanica e i manager infedeli, ora ci si mette anche il governo Monti a creare seri problemi all’industria aeronautica italiana e a tutti i suoi dipendenti.
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Napoli, (informazione.it - comunicati stampa - economia) Erano solo poche settimane addietro che a fronte di un piano di ristrutturazione di Alenia non c’era politico o amministratore pubblico privato o amministratore di condominio, che non correva a firmare interrogazioni parlamentari, interpellanze, ordini del giorno e non si affannava a rincorrere la testa dei cortei dei lavoratori per dimostrare solidarietà.
Le televisioni anche nazionali e molti quotidiani proponevano paginate di commenti, dove la ‘litania’ riproposta dai ‘commentatori’ era la consapevolezza dello ‘dello scrivete’, e dell’intero Paese, e dell’intera Regione Campania, della prioritaria di salvare e rilanciare Alenia, questa impresa strategica per l’Italia, che ormai rappresentava ultimo presidio industriale alla deindustrializzazione dell’economia campana. Tutti, ma proprio tutti si sentivano autorizzati a discutere del piano di ristrutturazione, delle posizioni del sindacato e della direzione aziendale; chiaramente ogni giornale e ogni commentatatore rigorosamente con versioni riferite al versante del proprio target di lettori o d’interessati interlocutori. La partita si è giocata nel pieno di uno tsunami senza precedenti che vedeva al centro Finmeccanica e le sue aziende controllate. E tuttavia, quel progetto è stato discusso, modificato e accettato con sofferenza dall’azienda e da tutti i sindacati e dalla maggioranza dei dipendenti che nei giorni scorsi si sono espressi positivamente anche in un referendum.
Quel piano industriale si propone di ricostruire quelle condizioni che rendono possibile la presenza del nostro Paese nell’industria aeronautica e prevede interventi di riorganizzazione e investimenti che fanno perno su due accordi sindacali raggiunti negli ultimi due anni. Queste intese non prevedono licenziamenti e consentono l’uscita dal ciclo di circa duemila lavoratori, almeno un migliaio dagli impianti napoletani.
Ebbene, tutto questo, pare oggi rimesso in discussione dalla manovra architettata dal governo dei tecnici sulla Luna che, modificando le condizioni per l’accesso alla pensione, riporta in alto mare l’intero progetto di ristrutturazione di Alenia e forse compromette definitivamente il futuro di quest’azienda e dio sa di quante altre. Ci sia consentito, quello che pare demenziale e che la distrazione del legislatore ricadrebbe sui lavoratori i quali vedrebbero messo in discussione lo sbocco alla pensione dopo lunghi periodi di mobilità.
La manovra del governo prevede la salvaguardia delle condizioni che consentono l’accesso alla pensione ai lavoratori in mobilità e in mobilità lunga in conformità a accordi sindacali stipulati prima del 31 ottobre 2011. Ebbene questo blocco rende inutile l’intera architettura di misure di salvaguardia per i lavoratori Alenia previsti nell’ultimo accordo tra azienda e sindacati sottoscritto il giorno 8 novembre. Ma, non è tutto, la manovra riferendosi ai lavoratori in mobilità che o ci sono o ci finiranno a seguito di accordi firmati prima del 31 ottobre 2011, frappone un ulteriore blocco di 50.000 come limite alle possibilità di accedere alla pensione.
Questo inspiegabile sbarramento lascia intendere che, in riferimento all’accordo del 2010 - considerando che gli enti previdenziali, come riporta la relazione tecnica, sono sicuramente in condizione di computare le persone che saranno interessate alla normativa - il legislatore è consapevole che la manovra lascerà fuori dai benefici delle persone che pur raggiungendo l’età dopo anni di mobilità, se chiederanno la pensione, e sarà stata superata la soglia dei 50.000, non percepiranno alcun reddito. Costoro, e questo è il parto di una mente sadica, si troveranno nell’impossibilità di raggiungere la soglia minima dei contributi e non avendo nemmeno l’età minima richiesta, dovranno restare diversi anni, cinque o sei, senza alcun reddito e non resterà loro che aspettare l’età minima per vedersi riconoscere la pensione di vecchiaia (sic!).
C’è o no da chiedersi dove si è rintanata quella ciurma di politici e opinionisti che in ogni occasione erano pronti a schierarsi a fianco dei lavoratori e del piano dell’azienda? Dove si è arenato, se è lecito chiedere, l’interesse della politica e delle istituzione campane per il futuro dell’industria aeronautica italiana e regionale?
Ora, giudicate voi se dopo questa manovra non aveva ragione il comico milanese Paolo Rossi, che in questi giorni è a Napoli con uno spettacolo al Teatrino di Corte di Palazzo Reale con un classico del repertorio operistico della Scuola musicale napoletana, "Il Marito Disperato" di Domenico Cimarosa, quando sosteneva che “era meglio morire da piccoli che vedere sto’ schifo da grandi".
Ufficio Stampa
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