Egitto: paese sicuro per il Salvini furioso. E lo stesso giorno condannati all’ergastolo una decina di giornalisti

I decreti del governo si scontrano con la realtà Egitto: paese sicuro per il Salvini furioso. E lo stesso giorno condannati all’ergastolo una decina di giornalisti La "colpa" dei cronisti è di aver criticato il regime per il golpe militare del 2013. Sono ormai molte le storie di giornalisti indipendenti che vivono con il terrore del sequestro della parola o con la prospettiva delle sbarre. Storie che non interessano il ministro, perseguitato dalle sue ossessioni (elettorali) Fonte: La Repubblica Esiste un varco, un codice di accesso al pensiero paranoico del ministro Matteo Salvini che attribuisce tutti i mali italiani agli immigrati (meglio se neri)? Esiste un silenziatore al rumore stonato delle sue parole, quando attribuisce ai magistrati, che rispettano il diritto, il marchio (infame per il leghista) dell’essere comunisti? Un pertugio c’è: la realtà. (Nigrizia.it)

Su altri giornali

È la prima pronuncia in cui si chiede l'intervento dei giudici in Lussemburgo sulla procedura dell'approvazione del decreto legge del 23 ottobre sui Paesi sicuri (Open)

Per dire che l’Egitto non è sicuro, il giudice di Catania evoca pena di morte (c’è pure negli Usa e in Giappone), abusi sui gay, limiti alla stampa libera: ciò di cui la sinistra qui accusa l’esecutivo. (La Verità)

L’ormai quasi dichiarata repressione del fenomeno migratorio da parte del governo italiano si scontra nuovamente con le leggi dell’Unione Europea applicate dai giudici italiani, in questo caso dai giudici della sezione immigrazione del Tribunale di Catania che non hanno convalidato il trattenimento nei confronti di cinque migranti sbarcati in Italia a fine ottobre, tre egiziani e due bengalesi, emessi dal Questore di Ragusa in base al decreto legge del 23 ottobre 2024 emanato dal governo a seguito del “caso Albania”, decreto in cui vengono designati come Paesi sicuri: «Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa D’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Perù, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia». (Famiglia Cristiana)

Decreti Cutro, il tribunale di Palermo chiede parere alla Corte Ue: sospeso il giudizio di convalida, tornano liberi due migranti

La sezione migranti del tribunale di Palermo ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti disposto, in applicazione dei cosiddetti decreti Cutro in materia di procedura accelerata in frontiera, dal questore di Agrigento, e ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito sicuro “qualora vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive Ue”. (BlogSicilia.it)

Questa volta a mettere in discussione il decreto Paesi sicuri è il tribunale di Palermo. Il magistrato della sezione Immigrazione del Tribunale di Palermo nel provvedimento con il quale sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti, un ghanese e un senegalese, in applicazione dei 'decreti Cutro' disposti due giorni fa dal questore di Agrigento, scrive: "La questione che il tribunale intende sottoporre alla Corte con il rinvio pregiudiziale è se il diritto dell’Ue, in particolare gli articoli 36,37 e 46 della Direttiva Ue, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che un paese terzo sia definito di origine sicuro qualora, in tale paese, vi siano una o più categorie di persone per le quali non siano soddisfatte le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nella direttiva". (Liberoquotidiano.it)

La sezione migranti del tribunale di Palermo ha sospeso il giudizio di convalida del trattenimento di due migranti disposto, in applicazione dei cosiddetti decreti Cutro in materia di procedura accelerata in frontiera, dal questore di Agrigento, e ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di chiarire se il diritto UE debba essere interpretato nel senso che un Paese terzo non possa essere definito sicuro «qualora vi siano categorie di persone per le quali esso non soddisfa le condizioni sostanziali di tale designazione, enunciate nelle direttive Ue». (La Stampa)