Gaza, il grande contro esodo verso il Nord
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Le porte non esistono più, l’ingresso — se va bene — è rivelato dagli spuntoni dei mattoni che le tenevano su. Lasciate ogni sorpresa, voi che entrate: le migliaia di palestinesi in marcia all’alba per raggiungere i villaggi da dove sono fuggiti quindici mesi fa sapevano che cosa avrebbero trovato. Distruzione, macerie, polvere, morte. Sono gli abbracci ad aprire e richiudersi sui cardini delle spalle arrugginite per le troppe notti al freddo.
Sono 300.000 i civili tornati nel Nord di Gaza, nella prima giornata di apertura del valico. Lo hanno fatto a piedi o in auto sin dalle prime ore del mattino: un fiume di sfollati si è riversato verso la parte settentrionale dell'enclave. Una marea umana di pacchi, buste, carretti, bici e anche automobili per chi è più fortunato: i pochi resti di una vita sventrata dall'ennesima guerra nella Striscia. Un fiume di sfollati torna nel nord di Gaza in macerie. Dei 33 ostaggi 8 sono morti. Diffuso un video della rapita Arbel Yehud, della quale intanto la Jihad palestinese ha diffuso un video in cui lei afferma di stare bene. Dopo una negoziazione serrata, il governo di Benyamin Netanyahu e Hamas hanno infatti concordato di attuare un ulteriore rilascio di ostaggi giovedì, quando saranno liberati Arbel, la soldatessa Agam Berger e un altro rapito.
Il sogno di tornare a nord alla fine si sta avverando. Ieri mattina ci è stato dato il permesso di attraversare i check-point del corridoio Netzarim e tornare nel nord della Striscia, dove molti di noi hanno lasciato le loro case un anno e mezzo fa. Da sud fino a Gaza City il viaggio è stato lungo e faticoso, ma la speranza di ritrovare una parvenza di normalità ha spinto migliaia di persone a intraprendere questo cammino.