La vita tormentata della vedova Pinelli

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INTERNO

Era la notte del 16 dicembre 1969, quando il suono del campanello ruppe il silenzio nell'appartamento di Licia Pinelli. La donna, insieme alle sue due figlie e alla suocera, dormiva ignara di ciò che stava per accadere. Giuseppe Pinelli, detto Pino, ferroviere e militante anarchico del circolo Ponte della Ghisolfa, mancava da casa da più di 72 ore. Fermato dalla polizia dopo la bomba di Piazza Fontana, si trovava in Questura.

Licia Pinelli, svegliata bruscamente, si trovò di fronte a una realtà sconvolgente: suo marito era precipitato dalla finestra della Questura di Milano. La notizia, comunicata da due giornalisti, la lasciò incredula e sconvolta. Quando si rivolse a un funzionario di polizia per chiedere spiegazioni, la risposta fu gelida: «Non avevamo tempo».

Da quel momento, la vita di Licia Pinelli cambiò radicalmente. La sua battaglia per la verità iniziò nel dicembre del '69 e proseguì per decenni. La donna, con dignità e coraggio, dedicò metà della sua vita a difendere la memoria del marito, ingiustamente accusato e vittima di un sistema che cercava capri espiatori.

Licia Rognini, questo il suo nome di nascita, si spense all'età di 96 anni. Le sue figlie, Silvia e Claudia, ricordano con affetto e ammirazione la madre, una donna forte che non cercava vendetta, ma solo giustizia. «Alla fine, nella vita quel che conta è aver amato», ripeteva spesso Licia alle sue figlie.