Medici, la grande fuga: oltre 14 mila tra dottori e infermieri pronti a trasferirsi all’estero
ROMA. Più che una fuga quella di medici e infermieri con la valigia in mano sta diventando un esodo di dimensioni bibliche. Tanto che nei primi 10 mesi di quest’anno è aumentato del 30% il numero dei nostri professionisti della salute pronti a espatriare per trovare oltre confine stipendi e condizioni di lavoro migliori di quelle che trovano in Italia. In totale, dal 1° gennaio del 2023 al 31 ott… (La Stampa)
Se ne è parlato anche su altri giornali
I reparti, in particolare quelli psichiatrici, sono diventati luoghi ad alto rischio. Violenza nei reparti: un'emergenza nazionale (Monza-News)
A far fuggire medici e infermieri dal settore pubblico non sono solo stipendi più alti ma un bilanciamento migliore tra lavoro e vita privata e la possibilità di carriera. Aumentano gli operatori sanitari che vogliono lasciare la Liguria per andare a lavorare all'estero in particolare verso i paesi arabi. (Primocanale)
Il personale sanitario italiano affronta sempre più spesso situazioni critiche che ledono la sfera personale. Sempre meno numerosi nelle corsie, spesso con contratti precari e stipendi inferiori del 22% rispetto ai colleghi di altri Paesi europei, i professionisti della sanità si trovano a operare in contesti lavorativi molto stressanti e ostili, caratterizzati purtroppo anche da episodi di violenza da parte dei pazienti o dai famigliari dei pazienti. (Qui Salute)
Negli ultimi anni, il Servizio Sanitario Nazionale italiano ha dovuto fare i conti con una significativa carenza di personale, un fenomeno che ha riguardato tutte le figure professionali del settore, non solo i medici (Fsi-Usae)
In realtà in termini di esiti clinici, noi i Paesi del Golfo non li vediamo nemmeno per quanto siamo avanti, ma Walter Starace, ortopedico di 49 anni, dei quali 20 pas… ROMA. (La Stampa)
Sullo sfondo le grandi innovazioni rappresentate dall’Intelligenza Artificiale e dalla riorganizzazione della sanità prevista dal Pnrr. Sempre meno numerosi in corsia, non di rado con contratti a tempo determinato, retribuzioni del 22% più basse rispetto ai colleghi di molti Paesi europei e impegnati a confrontarsi con un contesto aggressivo che sempre più spesso sfocia nella violenza. (Il Fatto Quotidiano)