Sentenze già scritte, il caso delle toghe rosse
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Nel contesto di un convegno per celebrare i sessant'anni di Magistratura democratica, la giudice Silvia Albano, presidente dell'associazione e magistrato della sezione immigrazione del Tribunale di Roma, ha espresso preoccupazioni riguardo alle intimidazioni e pressioni politiche che, a suo dire, minacciano l'autonomia di giudizio dei magistrati. Albano, nota per non aver convalidato il trattenimento dei migranti in Albania, ha sottolineato come tali pressioni siano fomentate dal governo, in particolare dalla Lega e dal suo leader Matteo Salvini, che non ha esitato a definire i magistrati come "toghe rosse".
Durante il suo intervento, Albano ha ribadito che i magistrati non hanno in tasca né il "Libretto" di Mao né "Il Capitale" di Marx, ma la Costituzione italiana e le carte sovranazionali. Questo riferimento è stato fatto per rispondere alle accuse di parzialità politica rivolte ai giudici, che vengono spesso etichettati come comunisti. La giudice ha espresso la sua preoccupazione per lo stato della democrazia in Italia, evidenziando come l'applicazione della Costituzione e delle leggi internazionali venga vista con sospetto e ostilità da parte di alcuni esponenti del governo.
Il convegno, che ha visto la partecipazione del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e del Guardasigilli Carlo Nordio in videocollegamento dal Veneto, è stato un'occasione per ribadire l'importanza dell'indipendenza della magistratura. Albano ha parlato con fermezza, nonostante si senta "nel mezzo di una tempesta", auspicando che questa situazione di tensione possa risolversi presto.
La questione delle "toghe rosse" è diventata un tema centrale nel dibattito politico italiano, con continui attacchi da parte di alcuni membri del governo che vedono nei magistrati un ostacolo alle loro politiche.