Ucraina: Volodymyr Zelensky prepara il rimpasto. Si dimette anche il ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba
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Secondo Ukrayinska Pravda, il posto di Kuleba potrebbe essere preso dal primo vice ministro degli Esteri, Andrei Sibiga. Fonti citate dal quotidiano dicono che Zelensky stia preparando altri cambi nei dicasteri, ma che il primo ministro Denis Shmygal rimanga in carica (Milano Finanza)
Se ne è parlato anche su altri media
Le sue dimissioni sono state approvate dal Parlamento e il sostituto già nominato. Il maxi rimpasto voluto dal presidente Zelensky per «dare energia nuova» al governo in questa fase cruciale della guerra procede spedita con pochi mugugni. (Corriere della Sera)
Si vota proprio oggi presso il parlamento di Kiev per le dimissioni del ministro degli Esteri Kuleba. (Fanpage.it)
La prima parola significa «ricomposizione, reset» è la stessa che si usa quando si riavvia il telefono o il computer, oppure quando si vuole far ripartire qualcosa da zero. La seconda si riferisce al «potere» e dalla combinazione delle due si capisce chiaramente che l’apparato comunicativo di Volodymyr Zelensky ha scelto come concetto chiave non il «rimpasto di governo» ma il «nuovo inizio». (il manifesto)
Un’esibizione di potere, più che una dimostrazione di debolezza, quella del leader ucraino che esattamente come un anno fa alla vigilia del viaggio all’Onu per l’Assemblea generale al Palazzo di Vetro, ha deciso di rimescolare tutte le carte, rimpastare l’esecutivo e presentarsi con quelle che adesso definisce, fornendo una spiegazione quasi emotiva, «forze fresche, energie nuove, in vista di un inverno che sarà davvero molto pesante. (ilmessaggero.it)
C’è chi lo ricorda sul mega-schermo di “Che tempo che fa”, ospite di Fabio Fazio dai bunker di Kiev in maglietta come Zelensky. Dopo Zelensky, non c’è nessun politico ucraino più visto e popolare di Dmytro Kuleba, classe 1981, un volto grigio che però è diventato uno dei vessilli della resilienza di Kiev di fronte all’Orso russo. (ilmessaggero.it)
La prospettiva è quella di convivere con i blackout, senza certezze nell’erogazione di luce e di riscaldamento, mentre la mobilitazione obbliga una parte crescente della popolazione maschile a partire per il fronte e gli attacchi russi contro le città aumentano. (la Repubblica)