Concordato preventivo 2025-2026: procedure unificate, ma resta il caos per le partite Iva
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L’adesione al concordato preventivo biennale (Cpb) per il periodo 2025-2026, già approvato dall’Agenzia delle Entrate lo scorso 9 aprile, si presenta come un’operazione tutt’altro che semplice per professionisti e piccoli imprenditori. Se da un lato è stata evitata la duplicazione delle procedure telematiche – grazie all’input di AssoSoftware, che ha spinto per un unico flusso integrato tra modello Redditi e adesione al concordato – dall’altro permangono criticità che rischiano di frenare le adesioni.
La scelta di unificare i due processi, evitando software dedicati, dovrebbe in teoria semplificare il lavoro di commercialisti e intermediari. Tuttavia, la necessità di trasmettere il modello contestualmente alla dichiarazione dei redditi entro il 30 settembre, anziché in autonomia, introduce un elemento di rigidità. L’obiettivo è chiaro: scongiurare discrepanze tra i dati comunicati in fase di adesione e quelli presenti nella dichiarazione definitiva, che dovrà essere inviata entro il 31 ottobre. Una precauzione che, però, rischia di tradursi in un ulteriore carico burocratico per i contribuenti.
Nonostante le agevolazioni fiscali previste, il clima tra gli operatori è tutt’altro che ottimista. Le modifiche in corsa, le modalità di comunicazione farraginose e l’assenza di un chiaro "effetto traino" lasciano presagire una bassa adesione, replicando le difficoltà degli anni precedenti. Tra le novità introdotte dal provvedimento, alcune clausole potrebbero aprire a sviluppi normativi ulteriori, ma al momento l’attenzione è concentrata sulle criticità operative.