Il film della settimana: «Napoli, New York», la recensione e dove vederlo a Firenze
Qualche anno fa, da un vecchio baule di Tullio Pinelli (uno degli storici sceneggiatori di Federico Fellini), saltò fuori il trattamento di un film mai realizzato. A scoprirlo fu lo studioso pisano Augusto Sainati. Ora quel film ha visto la luce, grazie all’impegno di Gabriele Salvatores, che si è innamorato della storia e se n’è appropriato. «Napoli, New York» è ambientato nell’immediato dopoguerra, tra le macerie di una Napoli piegata dalla miseria. (Corriere Fiorentino)
Su altri giornali
Una notte, s’imbarcano come clandestini su una nave diretta a New York per andare a vivere con la sorella di Celestina emigrata mesi prima. I due bambini si uniscono ai tanti emigranti italiani in cerca di fortuna in America e sbarcano in una metropoli sconosciuta, che dopo numerose peripezie, impareranno a chiamare casa. (ilmessaggero.it)
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Napoli New York: Gabriele Salvatores firma la sua migliore prova degli ultimi vent’anni, da Io non ho paura (2003), trasformando un inedito soggetto di Federico Fellini e Tullio Pinelli. (Il Fatto Quotidiano)
Insomma, quella che di solito si definisce con un termine ingrato «la confezione» è corretta, ma tutto questo non basta. Napoli - New York approccia la sua missione (il racconto di uno snodo cruciale per molti italiani e quindi di una certa maniera di intendere l’identità nazionale) appoggiandosi molto sull’idea che il cinema italiano e straniero ha dell’Italia. (WIRED Italia)
Napoli-New York è arrivato finalmente al cinema. Nel periodo di massima migrazione di italiani (o più precisamente napoletani) negli Stati Uniti, il film racconta un processo storico che raramente si è ripetuto. (ilmattino.it)
«Dico ai miei coetanei: una scarpa si può comprare, la vita no. È assurdo uscire con un’arma addosso. (La Repubblica)