l'ultimo saluto ad aurora, tra palloncini bianchi e silenzi spezzati
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La piccola chiesa di Batignano, borgo di poche centinaia di anime alle porte di Grosseto, non è bastata a contenere la folla accorsa ieri per i funerali di Aurora Bellini, la studentessa di 19 anni morta durante la gita scolastica sul traghetto diretto in Sicilia. Fuori, tra le casse acustiche che diffondevano le parole del sacerdote, decine di volti segnati dal dolore hanno ascoltato in silenzio, stringendosi attorno ai palloncini bianchi rilasciati al termine della cerimonia.
Aurora, che frequentava l’istituto Manetti-Porciatti, era partita con i compagni per un viaggio che avrebbe dovuto essere un’occasione di crescita e divertimento. Invece, nella notte tra il 17 e il 18 marzo, un malore improvviso l’ha strappata alla vita mentre si trovava nella cabina della nave, lasciando un vuoto incolmabile tra chi l’ha conosciuta. I dettagli sulle cause della morte, ancora al centro delle indagini, non hanno attenuato lo sgomento di una tragedia che ha travolto non solo la famiglia, ma l’intero territorio.
Proprio a Batignano, dove il padre della ragazza è dirigente della squadra di calcio locale, il cordoglio ha assunto forme concrete: prima del fischio d’inizio dell’ultima partita, i giocatori hanno osservato un minuto di silenzio, mentre uno striscione con la scritta «ciao aurora» è rimasto esposto al campo sportivo. Sotto, i genitori e la sorella hanno deposto un mazzo di rose, gesto semplice e straziante che racchiude tutto il peso di un addio prematuro.
Tra i presenti, molti coetanei con i volti scavati dal pianto, hanno lasciato messaggi e foto accanto al feretro, ricordando una ragazza descritta come solare e generosa. Qualcuno ha sussurrato frasi spezzate, come quella di un’amica che ha confessato: «volevo proteggerti, ma non ce l’ho fatta». E mentre la bara, avvolta in un manto di fiori, usciva dalla chiesa, il vento ha sollevato i palloncini verso il cielo, simbolo fragile di un dolore che non può essere trattenuto.