Torino, bimbo di 10 mesi muore dopo un intervento al Regina Margherita
L’aorta recisa perché scambiata per un altro vaso. Un errore medico - seguito da «disastroso» intreccio di responsabilità - avrebbe causato la morte di un bambino di 10 mesi, deceduto dopo l’intervento per correggere una malformazione congenita polmonare, eseguito quasi due anni fa all’ospedale Regina Margherita di Torino. +++ La procura di Torino ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo. I medici indagati sono quattro, tra cui il direttore del reparto di Chirurgia pediatrica del Regina Margherita, a cui si rimprovera di aver incaricato un chirurgo delle Molinette, specializzato in chirurgia su adulti e anche lui sotto inchiesta, di eseguire l’intervento. (Vanity Fair Italia)
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Invece qualcosa va storto, il chirurgo per errore recide l’aorta scambiandola per un vaso sanguigno secondario. L’intervento chirurgico era programmato: solo poche ore di sala operatoria per correggere una malformazione congenita polmonare. (Corriere della Sera)
Doveva doveva essere operato per una malformazione congenita al polmone e invece è morto al Regina Margherita di Torino. Aperta l'inchiesta per omicidio colposo (Prima Novara)
Tra i medici indagati figura anche il direttore del reparto di Chirurgia pediatrica del Regina Margherita (ilGiornale.it)
Morto a dieci mesi, tre indagati per l’errore: “Il chirurgo non era specialista in bambini” irene famà (La Stampa)
Aveva portato il figlio all'ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino, il più grande e importante del Piemonte, e tra i principali d'Italia specializzati nei bimbi. Il paziente doveva essere sottoposto a un intervento non usuale, che non sembrava però pericoloso, se non altro perché era stato programmato da tempo. (ilGiornale.it)
È un appello alla riservatezza quello che lanciano i genitori del bimbo di dieci mesi morto due anni fa al Regina Margherita in seguito a un intervento chirurgico. «Dopo due anni di silenzio, che abbiamo mantenuto perché c’è un’indagine in corso, chiediamo a tutti gli organi di informazione, dai giornali alle televisioni, rispetto per il nostro dolore e quindi silenzio sulla nostra identità». (Corriere della Sera)