Qualcuno ha capito che cosa dice (o vuole) Alessandro Giuli?

«Opftemma, misoneista, sacripante, arcolaio, soccida». Queste parole sembrano prelevate da un discorso di Alessandro Giuli, ministro della Cultura, scandito durante una ordinaria assemblea di condominio, invece sono fra le parole dimenticate del vocabolario italiano oppure, come direbbe lo stesso Giuli, fra le parole tristemente «desuete». Anche oltre i confini nazionali va raccontato, tassativamente con linguaggio forbito, che mentre il governo Meloni e il suo partito Fdi vanno in autodecomposizione o in autodistruzione, il ministro Giuli intrattiene le platee di giornalisti e di cittadini, di politici e di opinionisti con interventi criptici, ma che criptici, ermetici, ma che ermetici, meglio definirli «giulivi»: «A Venezia si trova un grande esempio di ciò che si può compiere dopo il diluvio, cioè la necessità di ricordarsi che noi siamo figli del terremoto, ma siamo anche figli dell’acqua, siamo aborigeni perché siamo aberrigeni, cioè siamo coloro che hanno errato in tutti gli spazi del Mediterraneo, tanto che ritroviamo le conchiglie sulle nostre montagne, e che l’acqua è l’elemento che ci dà vita, che ci ha costretto a viaggiare, a pensare, a immaginare, a rappresentare noi stessi. (Corriere del Ticino)

Se ne è parlato anche su altri giornali

"Anche un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza, soprattutto nella misura in cui esprime, seppure nelle vesti istituzionali, tutti gli intellettuali -che lo vogliano o no anche Scurati o Saviano- ma nella misura in cui si fa espressione di un governo il cui partito di maggioranza ha il 30% deve esserci spazio per una destra progressiva, non reazionaria, allergica a qualsiasi lacerto di nostalgia, perché in quel 30%, per fortuna dico io, c’è una maggioranza che deve riconoscersi nella Costituzione, ed è la linea invalicabile. (Civonline)

Il professor Franco Cardini è uno storico e un saggista. È stato iscritto al Movimento Sociale Italiano dal 1953 al 1965. E quindi nessuno può tacciarlo di sinistrismo. In un’intervista a La Stampa oggi spiega che ha letto il curriculum del nuovo ministro della cultura del governo Meloni. (Open)

Orbene, lo scherno di cui Egli è vittima principia dall’utilizzo in sedi istituzionali di espressioni appartenenti al registro alto della nostra lingua. Egli evita di addolcire l’eloquio, non rendendolo così decifrabile dalle anodine menti degli ascoltatori sempre meno avvezzi alle perversioni dell’alta linguistica, facendo indubbio (anche se di dubbio gusto) sfoggio di erudizione. (Nicola Porro)

Il suo discorso pronunciato durante l'audizione alle Commissioni Cultura della Camera e del Senato, oggetto di battute e meme, aveva un "grado di complessità direttamente proporzionale agli interlocutori e al contesto – dice il ministro della Cultura Alessandro Giuli, ai microfoni di 'La lingua batte', su Radio3 – Se parli con deputati che siedono in Commissioni Cultura, allora 27 secondi di citazione di un paio di testi, oggettivamente complessi, sarò teoretico ma è una scommessa che si può tentare. (la Repubblica)

“Anche un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza“. Torna a parlare in pubblico, in un’intervista con domanda e risposta a Radio3, il ministro della Cultura Alessandro Giuli. (Il Fatto Quotidiano)

Il ministro della Cultura Alessandro Giuli torna a parlare dopo la bufera che lo ha travolto, a partire dalle dimissioni del suo capo di gabinetto Francesco Spano, fresco di nomina. “Un ministro deve avere dei margini riconoscibili di indipendenza, soprattutto nella misura in cui, io sono ministro anche per Saviano, per Scurati, si fa espressione di un governo il cui partito principale ha il 30%, in quel 30% deve esserci lo spazio per una destra progressiva, non reazionaria, e che non guarda al passato. (LAPRESSE)