Dirty Pop: la truffa delle boyband, recensione: l'arte della truffa è un brano incomprensibile

C'è una presa di coscienza sempre più incalzante sui social che vuole la generazione nata a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta come la detentrice di una musica del tutto unica. Un universo che il documentario Dirty Pop: la truffa delle boyband disponibile su Netflix indaga, recupera, inserendosi tra i tratteggi di una personalità come quella di Lou Pearlman, manager e fautore primordiale di band come i Backstreet Boys, o gli Nsync. (Movieplayer)

Se ne è parlato anche su altri giornali

Infatti Netflix gli ha dedicato un documentario, in Italia intitolato Dirty Pop: la truffa delle boy band, attualmente disponibile sulla più popolare delle piattaforme streaming. Lou Pearlman truffatore da 300 milioni di dollari di bottini. (Open)

C'era chi era fan della prima ora dei Take That. O chi preferiva versioni alternative come i Westlife o i Boyzone. O ancora, alle soglie del Duemila, chi si divideva tra team Backstreet Boys e team Nsync. (Vogue Italia)

Dirty Pop: Netflix svela i crimini di Lou Pearlman e la vera storia di alcune celebri boy band

Dirty Pop: Netflix racconta l'incredibile truffa che ha coinvolto 'NSync e Backstreet Boys La storia che nessuno sospettava dietro a boy band amatissime (Gamesurf)