Meloni e la violenza contro le donne, un dibattito acceso
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ROMA. La violenza contro le donne è una questione di cultura o di sicurezza? Anche nel giorno dell’appello all’unità da parte del governo, la divisione tra le forze politiche e istituzionali appare sempre più netta. Nessuna scusa, avverte il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel messaggio dedicato alla Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Siamo di fronte a «un’emergenza sociale», ha dichiarato, sottolineando l’importanza di un impegno collettivo per contrastare questo fenomeno.
Giorgia Meloni, prima presidente del consiglio donna d’Italia, nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, non abbandona l’ardita tesi del suo ministro all’Istruzione Valditara ma la raddoppia. «Adesso verrò definita razzista, ma c’è una incidenza maggiore nei casi di violenza sessuale da parte di persone immigrate, soprattutto illegalmente, perché quando non hai niente si produce una degenerazione», ha dichiarato la premier in una intervista uscita su Donna Moderna. Le parole di Meloni hanno suscitato immediate reazioni, con molti che le hanno accusate di alimentare pregiudizi e divisioni.
Sono passati undici anni da quando l'Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul, il primo strumento giuridicamente vincolante ad aver riconosciuto la violenza di genere come una violazione dei diritti umani. Molto da allora è stato fatto, con strumenti di tutela per garantire una piena protezione alle vittime di violenza di genere. Tuttavia non è stato fatto ancora abbastanza. A dirlo non sono soltanto i dati davvero inquietanti diffusi dall'Istat (uno per tutti: il 31,5% delle 16-70enni - 6 milioni 788 mila- ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale).
Intervistata dalla direttrice di Donna Moderna, la presidente Meloni ha fatto due affermazioni, una sugli autori delle violenze sulle donne, l’altra sui congedi genitoriali e l’azione del governo, basate su dati scorretti.