Salvini, l’americano sgradito a Roma

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INTERNO

Il movimentismo di Matteo Salvini, già noto per il suo stile politico incalzante, ha raggiunto negli ultimi giorni un’intensità insolita, alimentato dalla prossima scadenza del congresso federale della Lega, previsto a Firenze fra due settimane. Non che il segretario del Carroccio debba temere rivali interni: la sua leadership, infatti, non è messa in discussione da alcun contendente. Ciò che lo preoccupa, piuttosto, sono le critiche alla sua linea nazional-sovranista, che rappresenta un netto distacco dall’anima originaria del partito, storicamente legata a istanze autonomiste e federaliste. A confermarlo, del resto, sono le voci di alcuni esponenti di spicco come Luca Zaia, governatore del Veneto, e Attilio Romeo, figura di riferimento in Lombardia, i quali non hanno mancato di esprimere perplessità sulla direzione intrapresa.

In questo contesto, si inserisce la recente polemica sulla politica estera, che ha visto Salvini protagonista di una telefonata con J.D. Vance, vicepresidente degli Stati Uniti, e che ha scatenato non poche reazioni. Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri, ha subito chiarito la sua posizione, ribadendo che la politica estera è di competenza del governo e non dei partiti. «L’ho detto e lo ripeto: la politica estera è una prerogativa del presidente del Consiglio e del ministro degli Esteri, non dei partiti», ha affermato Tajani in un’intervista al Corriere della Sera, sottolineando come la gestione delle relazioni internazionali debba rimanere centralizzata e coerente con le scelte dell’esecutivo.

La divergenza tra Salvini e Tajani non è casuale, ma riflette una competizione sempre più accesa tra Lega e Forza Italia, due partiti che, pur facendo parte della stessa coalizione di centrodestra, perseguono linee politiche spesso contrastanti. Da un lato, Salvini insiste su temi come la pace e il disarmo, lanciando iniziative come “Occupy Bruxelles” e posizionandosi su un fronte critico verso l’Unione Europea. Dall’altro, Tajani ribadisce il sostegno alla sicurezza europea e alla linea europeista del governo, dichiarando: «Se il governo fosse anti-europeista, noi non ci staremmo. Per fortuna il presidente del Consiglio ha sempre fatto delle scelte europeiste».

La telefonata con Vance, intanto, continua a far discutere. Durante un videocollegamento con la scuola di formazione della Lega a Roma, Salvini ha ironizzato sulle ricostruzioni giornalistiche che dipingono il suo gesto come una competizione con la premier Giorgia Meloni per accaparrarsi il favore degli Stati Uniti. «I giornali di oggi: ‘Salvini chiama Vance perché c’è una guerra con la Meloni a chi fa più telefonate negli Stati Uniti’. Siamo su Scherzi a parte?», ha commentato, sminuendo le tensioni e cercando di ridimensionare la portata dell’episodio.