Perché la Russia cambia la dottrina nucleare dopo la decisione di Biden sui missili: «Lo choc di un uomo anziano che lascerà l’incarico»

Jeffrey Sachs contro il presidente uscente: decisione presa dai falchi. Trump «cambierà direzione all'Ucraina». Ma adesso Putin può far leva sulla paura dell'Occidente. E alimentare la propaganda interna «Uno choc sconsiderato da parte di un uomo anziano che presto lascerà l’incarico. Probabilmente la decisione è stata presa dai suoi consiglieri falchi». Così Jeffrey Sachs, direttore del centro per lo sviluppo sostenibile della Columbia University, definisce la scelta di Joe Biden di permettere agli ucraini di colpire con le armi Usa in territorio russo. (Open)

La notizia riportata su altri media

Lo stesso concetto è stato ribadito e ampliato poco dopo direttamente dalla Casa bianca: «Gli Stati uniti non sono rimasti sorpresi dal fatto che la Russia abbia abbassato la soglia per un attacco nucleare, e non abbiamo intenzione di modificare la nostra posizione nucleare in risposta. (il manifesto)

L’annuncio di Vladimir Putin della modifica della dottrina nucleare russa ha scatenato le reazioni internazionali. (Il Fatto Quotidiano)

E Vladimir Putin coglie l’occasione per ufficializzare la sua nuova dottrina atomica, già annunciata la scorsa primavera ma poi finita nel dimenticatoio: d’ora in poi Mosca potrà ricorrere all’arma nucleare contro qualsiasi attacco convenzionale - contro la Russia ma anche la Bielorussia - considerato «un pericolo per la sicurezza nazionale» e che venga lanciato da un Paese anche privo di atomica, ma alleato di potenze che ne sono muniti. (Corriere della Sera)

La minaccia nucleare. Attenzione, Putin non è Milosevic

E così la Russia cambia la dottrina nucleare: da adesso, l’uso dell’arma atomica è lecito per difendere la sovranità nazionale anche quando questa sia minacciata da un Paese non nucleare ma appoggiato da uno o più Paesi nucleari. (Avvenire)

La minaccia del ricorso all’atomica per indurre i Paesi occidentali a ridurre, … (la Repubblica)

Che dovessimo finire l’anno parlando di minaccia nucleare per l’Europa e per il mondo era, ahimè, facile profezia già prima delle presidenziali Usa, quando a settembre l’annunciato invio di missili a lungo raggio chiesti da Zelensky veniva rimandato in attesa dei risultati del voto: Kamala Harris o Trump? La risposta c’è stata, ma quello che va in onda ora non è il paradosso della “pace trumpiana” – che al contrario non esiterà a rinfocolare conflitti per la primazia Usa, dal Medio Oriente all’Asia. (il manifesto)