The Order (Film, 2024), la recensione di Valerio Sammarco

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Il 18 giugno del 1984 il conduttore radiofonico ebreo Alan Berg viene barbaramente ucciso a Denver. Sulla storia di Berg venne scritto un libro, poi adattato a teatro da Eric Bogosian. E proprio Bogosian, nel 1988, è il protagonista di Talk Radio di Oliver Stone, che sul grande schermo raccontava la vicenda di quello speaker così avverso al pensiero reazionario. Ora l’australiano Justin Kurzel – per la prima volta in concorso a Venezia – si concentra invece su quel biennio, 1983-84, ricordandoci che l’omicidio di Berg era solamente la quinta delle sei fasi previste dal testo (I diari di Turner di William Luther Pierce) preso a simbolo-guida da una brutale milizia che in nome del suprematismo bianco aveva in programma di sovvertire dal di dentro la democrazia americana. (cinematografo.it)

Se ne è parlato anche su altre testate

Nordovest degli Usa, 1983. In seguito a una serie di violente rapine in banca, l'agente dell'FBI Terry Husk comincia a interessarsi al caso, seguendo una pista che conduce, anziché a criminali comuni, a un gruppo organizzato di suprematisti bianchi. (MYmovies.it)

La pellicola narra la storia di The Order, un gruppo militante neo-nazista che, con brutalità e un’ideologia profondamente radicata nell’odio, ha terrorizzato l’America. Tuttavia, questo film non è solo una narrazione storica: Kurzel sfrutta la vicenda per esplorare le radici del radicalismo e il suo spaventoso ritorno nell’attualità. (Orgoglionerd)

Mostra Cinema Venezia, Jude Law sfila sul red carpet 01 settembre 2024 (Il Sole 24 ORE)

Sorridente e sicuro di sé. No, non è una visione mistica, ma è la bellezza senza tempo di Jude Law. (Whoopsee)

Le radici di The Order, nella filmografia dell’australiano Justin Kurzel, sono da ricercare probabilmente in uno dei suoi primi, affilati titoli, Snowtown, rievocazione di una serie di efferati omicidi avvenuti negli anni Novanta nella cittadina di Adelaide, nell’Australia del Sud: la riflessione intorno alla violenza insita nelle strutture comunitarie lega a ben vedere tutta la produzione del cineasta del Macbeth arthouse del 2015, e ne segna allo stesso tempo l’urgenza e la contemporaneità di sguardo, anche quando – come in questo caso – Kurzel si affidi ad una messinscena “classica”, secca ed essenziale che guarda a Michael Mann come a True Detective, all’Alan Parker di Mississippi Burning come a Scott Cooper. (Sentieri Selvaggi)

E' proprio il buon vecchio Jude (51 anni) a fornire al film magnetici e intensi strappetti, sguardi saettanti tra il folle e il burbero, per il suo detective dell’FBI, Terry Husk, nel film diretto da Justin Kurtzel (Il Fatto Quotidiano)