La Sardegna trema per i dazi Usa: export a rischio tra vino, olio e agroalimentare

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INTERNO

L’incertezza dei dazi statunitensi, branditi come un’arma da Donald Trump, continua a gettare ombre sull’economia sarda, che nel 2024 ha visto l’export raggiungere i 6,7 miliardi, segnando una crescita dello 0,8% rispetto all’anno precedente. Numeri che, seppur positivi, potrebbero essere compromessi dalla minaccia di un’imposta del 25% sulle importazioni europee, con ripercussioni immediate su settori chiave come quello agroalimentare, già in affanno per i rincari degli ultimi mesi.

A confermare le preoccupazioni è Gino Angelini, chef riminese trasferitosi a Los Angeles trent’anni fa, che descrive un mercato sempre più ostile: «I prezzi sono alle stelle anche senza dazi, e prodotti come vino, olio e pomodori pelati sono diventati un lusso». Una situazione aggravata dalle difficoltà di approvvigionamento post-Covid, che hanno reso fragile un sistema basato sulla qualità e sulla tradizione. Se le tariffe dovessero concretizzarsi, avverte Angelini, le fondamenta stesse della cucina italiana all’estero rischierebbero di vacillare.

Dello stesso avviso è Francesco Mutti, che definisce «inconcepibile» la svolta protezionista degli Stati Uniti, storico partner commerciale da oltre ottant’anni. «Dal punto di vista economico, il commercio internazionale ha sempre ridotto le tensioni tra i popoli», osserva, sottolineando come una risposta unitaria dell’Europa sia ormai indispensabile. Le parole di Mutti riflettono l’allarme diffuso tra le imprese italiane, chiamate a fare i conti con possibili ritorsioni su auto, moda, meccanica e farmaci, oltre che sull’agroalimentare.