Per salvare la Scala serve competenza. Non basta il jazz
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Caro Direttore, sabato scorso leggendo il Foglio mi ha attratto un titolo: "Paolo Conte non profani la Scala, firmato da Piero Maranghi, direttore del canale Sky Classica. "Oddio i fanatici della Scala - ho pensato - che appena gliela tocchi ti fulminano!". Ma poi leggendo la lettera, e a seguire le risposte e i commenti che ha suscitato (Sgarbi sul Foglio e Merlo su Repubblica) vorrei fare alcune considerazioni. (la Repubblica)
Se ne è parlato anche su altri media
Non è la prima volta che il tempio della lirica accoglie artisti provenienti da tradizioni diverse da quelle del canone classico, ma è la prima volta che sceglie un italiano, quale riconoscimento del livello raggiunto nel panorama musicale italiano e internazionale. (La Nuova Provincia - Asti)
Se da tempo fra gli ospiti alle prime della Scala compaiono anche personalità prima più solite frequentare gli stadi che i teatri, questa volta il nome del cantautore 86enne ha attirato molti nomi della musica leggera e dintorni. (ilmessaggero.it)
Che il mondo della musica riesca a dividersi su Paolo Conte è un segno dei (brutti) tempi che viviamo. E nasce la polemica, lanciata dal musicologo ed editore di Sky Classica Piero Maranghi, che premette che Conte è il suo cantautore preferito, poi affonda: "È uno schiaffo alla storia della Scala, costituisce un precedente assai pericoloso, non dà nulla al Teatro". (la Repubblica)
Suonare alla Scala: se le porte del tempio italiano della lirica e della sinfonica si erano già aperte per il jazz di Keith Jarrett, è giusto allora che le stesse porte si aprano anche per il più jazz dei nostri cantautori, Paolo Conte (La Stampa)
In fondo all’avvocato astigiano piace sentirsi un esperimento. Sotto il baffo sornione, un abbozzo di sorriso. (IL GIORNO)
L’arte è una, la musica è una e sopporta infastidita i recinti di genere che per comodità classificatoria adottiamo. La stessa separazione tra cultura alta e cultura bassa ha un confine difficilmente tracciabile (anche se ha una indubbia utilità in contrapposizione polemica all’indistinzione postmoderna). (L'HuffPost)