Studenti universitari fuori sede, la rabbia monta: “700 euro per uno sgabuzzino? Così non si può andare avanti”
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Studenti universitari fuori sede, la rabbia monta: “700 euro per uno sgabuzzino? Così non si può andare avanti” Di Picchi di 700 euro mensili, contratti in nero e stanze che sembrano sgabuzzini. È questa la realtà che si prospetta a migliaia di studenti universitari fuori sede in Italia. Con affitti alle stelle, borse di studio insufficienti e trasporti spesso inadeguati, la vita da “fuori sede” si sta trasformando in un incubo. (Orizzonte Scuola)
Se ne è parlato anche su altri media
Inevitabilmente la spietata legge del mercato fa impennare i prezzi con le famiglie costrette a sacrifici enormi, a volte nemmeno sufficienti, per consentire ai figli di studiare nella città che sognano. (Gazzetta del Sud - Edizione Calabria)
Il “pezzo di carta” oltre che sudato può essere anche…salato. E che per un fuori sede schizza a una media di 17 mila euro, con punte di 19 mila al Nord. (ilmessaggero.it)
I dati rilevati dal Censis sul numero di immatricolazioni rilevano un aumento di iscrizioni nelle università del Sud e delle Isole, mentre sempre meno studenti scelgono la vita da fuorisede nelle grandi città. (Skuola.net)
Per gli studenti fuori sede il problema principale non è tanto allontanarsi dalla famiglia, quanto il potersi permettere di pagare gli affitti universitari. Nonostante le critiche e le proteste sorte in questi ultimi anni, infatti, sembra che anche per l’inizio di questo nuovo anno accademico non ci siano novità rassicuranti. (PianetaDesign)
I miei coinquilini hanno visto aumentare il prezzo della loro camera di quaranta euro, con affitti già a 500 euro“, afferma Leonardo. È sempre più difficile trovare casa per gli studenti a Roma con l’avvento del Giubileo. (Il Fatto Quotidiano)
Nonostante il silenzio in tutta risposta a molte sue domande, nonostante la fiducia tradita da alcuni proprietari, nonostante i tanti viaggi dalla provincia di Frosinone a Bologna nella speranza di trovare un alloggio almeno per il primo anno di università. (Corriere della Sera)