Trump e i dazi sulla Cina: l’intelligenza artificiale rischia il collo di bottiglia
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L’annuncio di Donald Trump di voler imporre dazi del 145% sui prodotti cinesi, in caso di rielezione, rischia di innescare un effetto domino che andrebbe ben oltre le mere dinamiche commerciali. Tra i settori più esposti c’è quello dell’intelligenza artificiale, la cui crescita dipende in larga misura da componenti hardware prodotti in Cina. Se la misura dovesse concretizzarsi, l’aumento dei costi per chip e altri elementi fondamentali potrebbe rallentare drasticamente lo sviluppo dell’AI negli Stati Uniti, creando un collo di bottiglia tecnologico difficilmente superabile nel breve periodo.
Non è un caso che molte aziende, consapevoli del rischio, stiano già adottando contromisure. Apple, per esempio, ha organizzato una vera e propria operazione di salvataggio per evitare che i suoi iPhone finiscano nel mirino dei dazi. Sei aerei cargo, noleggiati in fretta e furia, hanno trasportato dall’India agli Stati Uniti circa 1,5 milioni di smartphone, equivalenti a 600 tonnellate di merce. Una mossa dettata dall’urgenza, considerando che l’80% degli iPhone venduti in America viene assemblato proprio in Cina e sarebbe quindi soggetto alle nuove tariffe.
La scelta di spostare parte della produzione in India, seppur temporaneamente, dimostra quanto le grandi corporation siano disposte a correre ai ripari pur di non subire l’impatto di una guerra commerciale che, al momento, sembra avere pochi precedenti per intensità. Ma mentre Apple può contare su alternative logistiche, almeno parziali, lo stesso non si può dire per l’industria dell’intelligenza artificiale, legata a doppio filo alla filiera cinese. Se i dazi dovessero davvero entrare in vigore, il prezzo dei componenti salirebbe a livelli tali da costringere molte aziende a rivedere i propri piani di sviluppo.