Gisèle e gli alieni. Come la Francia ha dovuto guardare l'orco che ha dentro (di C. Martinetti)
Merci Gisèle, grazie Gisèle, l’orco Dominique è condannato, l’incredibile circo dei suoi schiavi a cui offriva il corpo della moglie per soddisfare la sua e loro patologica fame di sesso, sono in galera con lui. Vent’anni per Dominique, pene fino cinque anni per gli altri (molto meno di quanto aveva chiesto l’accusa, fino a 15 anni). Giustizia, forse, … (L'HuffPost)
Se ne è parlato anche su altri media
Voglio che sappiate che amo la stessa lotta». I primi pensieri di Gisèle Pelicot sono andati ai tre figli, David, Caroline e Florian, ai nipoti «perché loro sono il futuro ed è per loro che ho condotto questa lotta», e «alle mie nuore e a tutte le altre famiglie toccate da questo dramma. (Il Sole 24 ORE)
Nel corridoio del tribunale di Avignon Gisèle Pelicot è stata immediatamente assediata dalle telecamere e dai microfoni. (il manifesto)
Penso anche alle vittime non riconosciute, le cui storie rimangono spesso nell'ombra. «Penso anche a tutte le famiglie colpite da questa tragedia. (Corriere TV)
Il marito Dominique, 72 anni, è stato condannato a 20 anni di carcere, la pena massima prevista, perché avrebbe drogato e violentato sistematicamente la moglie per quasi un decennio nella loro casa di Mazan, nel sud della Francia. (WIRED Italia)
La frase simbolo di Gisèle Pelicot e di questo processo, «Non sono io che devo vergognarmi, ma loro», nella sua limpida semplicità apre un tema gigantesco, mai seriamente affrontato, mai lontanamente risolto: la vergogna e il senso di l’annientamento di sé che provano le vittime di stupro. (La Stampa)
Dominique Pelicot è stato condannato al massimo della pena, 20 anni di carcere, per gli stupri aggravati contro l'ex moglie Gisèle Pelicot, nel processo sugli stupri di Mazan, che si chiude oggi ad Avignone. (L'Unione Sarda.it)