Nadal, l'addio triste al tennis del matador stanco che non può più battere il tempo
MALAGA C’è un signore stempiato, in campo, che sostiene di essere Rafa Nadal. Lo riconosci dalla ghirlanda di nevrosi, quel rito di tic assortiti che nessun allenatore, da zio Toni a Carlos Moya, ha mai osato toccare, con il rischio — Dio non volesse — di inceppare la macchina dei 22 titoli Slam. Eppure il punch mancino è diventato analcolico: non ubriaca più nessuno, da tempo. La chela di dritto finisce spesso lunga e lo slice difensivo è un invito a nozze per le discese a rete in controtempo di Botic Van de Zandschulp, l’olandese a cui leggi in volto il rammarico nel rovinare la festa dell’eroe, dopo aver eliminato Carlos Alcaraz dall’Open Usa di Jannik Sinner, lo scorso agosto. (Corriere della Sera)
Ne parlano anche altri media
Rafael Nadal chiude con la Coppa Davis di Malaga la sua strepitosa carriera che per due decenni lo ha visto dominare il tennis mondiale in coppia con Roger Federer. Ma ripercorriamo insieme la sua indimenticabile storia. (ilmattino.it)
di Alfredo Corallo (Sky Sport)
È con un pizzico di ironia, oltre a tanta, tantissima commozione, che Rafael Nadal ha commentato la sconfitta con Botic van de Zandschulp, ultima tappa di un lunga e gloriosa carriera che ha visto il 38enne vincere, tra l’altro, 22 tornei del Slam (14 dei quali al Roland Garros), 36 Masters 1000 e 1 oro olimpico. (RSI Radiotelevisione svizzera)
Lo ha sempre fatto, da solo o in gruppo. Non è arrivato a Malaga per far passerella, «ma per aiutare la mia squadra a vincere». (il Giornale)
“Non so se giocherò nel doppio oppure nel singolare. Abbiamo una grande squadra, tutti questi giocatori hanno avuto una grande stagione sul circuito, quindi è compito del capitano decidere cosa è meglio per la Spagna. (OglioPoNews)
Un sentimento dato dalla cura nel tempo, quel tipo di attenzione che spinge a provare affetto per le ossessioni altrui: «Tutti i tuoi rituali, le bottiglie d’acqua allineate come soldati in pattuglia, sistemarti i capelli, aggiustarti le mutande... (La Stampa)