Fine vita, Cappato a processo per aiuto al suicidio

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
INTERNO

Marco Cappato, già protagonista di battaglie legali sul fine vita, torna sotto processo insieme a Felicetta Maltese e Chiara Lalli, accusati di aver aiutato un uomo affetto da sclerosi laterale amiotrofica a recarsi in Svizzera per ottenere il suicidio assistito. La decisione della gip di Firenze, Agnese Di Girolamo, che ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura, segna un nuovo capitolo nel dibattito italiano sull’eutanasia, riaprendo questioni giuridiche e morali che la Corte costituzionale aveva parzialmente affrontato nel 2024.

Massimiliano Scalas, 44enne di San Vincenzo, in provincia di Livorno, soffriva di una forma avanzata di Sla che lo aveva privato progressivamente di ogni autonomia. L’8 dicembre 2022, dopo aver valutato le opzioni disponibili in Italia – dove il suicidio assistito rimane illegale – si è rivolto all’Associazione Luca Coscioni, di cui Cappato è tesoriere, per essere accompagnato in una clinica svizzera specializzata. Un gesto che, se da un lato è stato definito da Cappato "un dovere morale", dall’altro costituisce reato secondo il codice penale italiano, punibile con pene fino a dodici anni.

La magistratura fiorentina, pur riconoscendo la complessità del caso, ha ritenuto necessario procedere con un processo per accertare le responsabilità degli imputati, valutando anche le recenti sentenze della Consulta che hanno parzialmente ridisegnato i confini tra diritto alla vita e autodeterminazione. La giudice Di Girolamo ha infatti stabilito che, nonostante le circostanze personali di Scalas e le motivazioni dei tre indagati, l’ipotesi di aiuto al suicidio debba essere esaminata in aula, lasciando alla giustizia l’ultima parola.