Ma Parthenope di Sorrentino è un film blasfemo?

"Parthenope" di Paolo Sorrentino è un film che divide, su questo non c’è alcun dubbio. C’è chi lo ha esaltato come sublime capolavoro di poesia, metafora del tempo della giovinezza “che sì fugge tuttavia”, canto dolente di libertà che ha come fondale Napoli, e chi l’ha definita una pellicola piatta, lenta, avvolta nei luoghi comuni che da sempre circondano questa città dalle mille contraddizioni. C’è poi quella scena scabrosa e grottesca che irride al miracolo di San Gennaro e che ha irritato molti napoletani, non solo tra i parroci e i fedeli. (Famiglia Cristiana)

La notizia riportata su altri media

Ambientato a Napoli con una storia originale e con rimandi autobiografici alla giovinezza non abitata abbastanza per i motivi spiegati in È stata la mano di Dio, Parthenope racconta le stagioni della vita di una giovane protagonista che si chiama come la città del Vesuvio e dunque l'esistenza stessa tra crescita, speranze, libertà, disillusioni, dolori. (Corriere Delle Alpi)

I suoi film sono infatti considerati delle opere d'arte, dei quadri in movimento da vivere sul grande schermo. Paolo Sorrentino è tornato al cinema con 'Parthenope', suo decimo film, che già da tempo sta facendo parecchio rumore - come sempre avviene per ogni pellicola del regista napoletano. (corriereadriatico.it)

Parthenope, il nuovo film di Sorrentino Il box office, in ogni caso, ha dato ragione al progetto: Parthenope è partito bene e continua ad attirare spettatori. (Radio Deejay)

«Quel film di Sorrentino lo trovo vigliacco»

Che si tratti dell'opera o della sua protagonista- ha senza dubbio diviso gli animi, è intrisa di magia e di allegoria, ma soprattutto non appare ai conterranei del regista come la vedono gli altri, perché a chi la abita non sfuggono alcune citazioni ben radicate nella realtà. (GQ Italia)

Invece vorrei dire qualcosa sull’articolo che Goffredo Fofi ha pubblicato proprio sul Corriere del Mezzogiorno a commento di quel film. Fofi scrive che l’opera nuova di Sorrentino, pur deliberatamente rievocatrice, è «superficiale storicamente e proprio antropologicamente», perché descrive gli anni Settanta nella nostra città come in un vuoto pneumatico, astratti cioè dal contesto di produzione musicale, teatrale cinematografica, fotografica e persino letteraria «di grande sostanza» che li caratterizzò. (Corriere della Sera)

L’Arcidiocesi di Napoli tace. Anzi, dalle colonne della cronaca locale di un quotidiano nazionale, giunge persino la reprimenda dell’Abate della Cappella del Tesoro di San Gennaro, monsignor Vincenzo De Gregorio, ai sacerdoti che parlano del film oltraggioso nei confronti del miracolo di San Gennaro e della fede dei napoletani nel loro patrono. (ROMA on line)