Il ministro Crosetto: "Le basi non sono scudi. Ma restiamo in Libano"
Boni Il refrain dell’indignazione ha nuovamente movimentato il teatro bellico libanese dopo il terzo episodio di razzi piovuti sulla testa dei militari italiani di Unifil in una settimana a Shama, base principale del settore Ovest. Ancora bombe, ancora feriti, ancora tensione, reazioni a valanga da destra a sinistra. I Caschi blu non sono l’obiettivo diretto degli attacchi, ma la forza di interposizione si trova tra l’incudine e il martello, al centro degli scontri tra esercito israeliano ed Hezbollah (QUOTIDIANO NAZIONALE)
Su altre fonti
Condanno con massima fermezza i ripetuti attacchi ai nostri connazionali impegnati in missione di pace. – “Sono vicino ai militari italiani feriti nella base Unifil nel sud del Libano. (Agenzia askanews)
"In quei momenti, inevitabilmente, riaffiorano i ricordi delle tante operazioni, di addestramento, di pace, ma anche quelle in cui i cannoni sparavano davvero e la discriminante diventava la vita o la morte". (Il Capoluogo)
Raccontano le cronache odierne che, “prima che tre proiettili da 122 millimetri scuotessero la base di Shama, l’altoparlante collegato alla sala di crisi del contingente italiano dell’Unifil in Libano ha lanciato l’allarme. (L'HuffPost)
Hezbollah è in tutto il sud. – La missione Unifil in Libano è stretta tra due fuochi, ma cerca di continuare a svolgere la propria missione, facendo il possibile. (Agenzia askanews)
Il punto sugli ultimi attacchi alla missione Unifil in Libano Non si fermano più ormai gli attacchi contro le basi e le postazioni della missione Unifil in Libano, bersagliate negli ultimi quattro giorni da razzi quasi certamente scagliati da Hezbollah (Start Magazine)
Ieri la base Unifil di Shama è stata raggiunta da due razzi lanciati probabilmente da Hezbollah, uno dei quali ha impattato contro l'esterno del bunker ferendo lievemente 4 caschi blu italiani. Una serie di attacchi israeliani ha colpito nella notte Beirut provocando, secondo i media statali ci sarebbero «molte vittime». (La Stampa)