Israele attacca l'Iran, le conseguenze di un conflitto calcolato
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Israele ha finalmente deciso di attaccare l'Iran, un'azione che, sebbene attesa da tempo, ha suscitato numerose preoccupazioni e interrogativi sulla stabilità della regione. L'estensione del conflitto e la sua conclusione non rappresentano, tuttavia, una vittoria totale sui nemici che hanno orchestrato e realizzato l'attacco del 7 ottobre 2023. Hamas è stata debellata, ma Gaza è stata distrutta, due situazioni che non avrebbero dovuto coincidere. La seduzione di una vittoria militare, seppur transitoria, rischia di generare nuove contese e reciproche intese di guerre.
Il vicepremier italiano, Antonio Tajani, ha espresso preoccupazione per la situazione in Medio Oriente, sottolineando che l'Iran, nonostante la propaganda, ha lasciato intendere di non voler reagire ulteriormente. Tajani ha dichiarato che l'attacco israeliano è stato mirato e che gli stessi iraniani hanno riconosciuto la precisione dell'operazione. Israele, infatti, ha atteso le difese antimissile dagli Stati Uniti prima di procedere con l'attacco, un'azione che ha permesso di colpire siti militari senza provocare gravi ripercussioni regionali sulla sicurezza, la vita civile o l'economia.
L'approccio moderato di Israele, in linea con le preferenze degli Stati Uniti, ha posto l'Iran di fronte a una scelta difficile: una rappresaglia verrebbe gestita direttamente da Washington, che ora si presenta come garante contro qualsiasi potenziale risposta iraniana. Questo scenario ha contribuito a mantenere una relativa calma nella regione, nonostante le operazioni continuino in Libano e a Gaza, dove si intravede la possibilità di una tregua e della liberazione di alcuni ostaggi.
Le prospettive militari e diplomatiche in Medio Oriente rimangono incerte, ma l'attacco israeliano all'Iran rappresenta una soglia importante nella strategia di deterrenza di Israele.