Siamo topolini in trappola
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Pensavamo che i tempi dei famigerati banchi a rotelle costati milioni e poi gettati chissà dove, e quelli degli insegnanti a gettone (leggi precari) fossero finiti, insieme a quella didattica a distanza che ha fatto più danni che benefici ai nostri ragazzi. E invece no. Perché la scuola, come in fondo la giustizia e persino la sanità non solo zoppicano, ma spesso fanno danni. O meglio sopravvivono con soluzioni tampone, concorsi che si accavallano ad altri e generano scompiglio tra chi li affronta e soprattutto con promesse che non si riescono a mantenere. (Torino Cronaca)
Se ne è parlato anche su altri media
“Vorrei far da porta voce ai tanti docenti precari che ogni anno con grande professionalità e tanto sacrificio contribuiscono a rendere efficiente un sistema scolastico pubblico che però non meriterebbe tanta eccellenza,” dichiara Martina. (Oggi Scuola)
Si avvicina l'inizio dell'anno scolastico ma torna, come ogni anno, il problema delle cattedre scoperte, sarebbero almeno 19mila. Il punto con Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione Nazionale Presidi. (rtl.it)
Vorremmo che il sistema scuola cambiasse, adesso come appunto da anni perché la formazione e l’istruzione, insieme alla sanità, sono la colonna vertebrale dello sviluppo di un grande Paese, civile e moderno. (LA NAZIONE)
Il docente e scrittore, Enrico Galiano ha pubblicato un post su Facebook in cui denuncia la crisi della scuola e la mancanza di insegnanti. Secondo Galiano, ci sono 62.560 cattedre scoperte in Italia, ma solo 45.000 assunzioni previste, il che significa che un terzo delle cattedre resterà vuoto. (Orizzonte Scuola)
E’ tra quei tipi di lavoro che subira’ molti cambiamenti nel corso del prossimo decennio e perderà molte delle tutele contrattuali che oggi lo caratterizzano. Io prevedo che il lavoro degli insegnanti in Italia e non solo sarà sempre più precario e sarà svolto non per l’intera vita lavorativa. (Tecnica della Scuola)
Questa è una lettera di sfogo che incontrerà parecchie incomprensioni e critiche e, ammesso che venga pubblicata, la scrivo per me stessa, per tenere in memoria ed esprimere tutto il mio dissenso e l’amarezza che provo in questo momento. (Tecnica della Scuola)