Trump manda in tilt i democratici Usa. Parla l’ex stratega di Harris: «È diventato il partito delle élite. Primarie evitate per paura della sinistra radicale»

«Dovremmo fare un passo indietro e dirci: “Ehi, forse ci siamo concentrati non necessariamente sulle questioni che interessano alla gente ma su quelle che pensiamo debbano interessare alla gente», dice a Open Brian Brokaw, ex campaign manager di Kamala Harris La disfatta dei democratici alle elezioni americane non turba i leader del partito. Se il presidente Biden ha detto che «una sconfitta non significa che siamo sconfitti», la potentissima ex speaker della camera Nancy Pelosi, in un’intervista al New York Times, ha rigettato tutte le accuse, affermando che il partito non è affatto in crisi, e che continua a essere il punto di riferimento dei lavoratori d’America. (Open)

Su altri media

Era in bilico l’asticella fra Kamala Harris e Donald Trump. Ma la radicalizzazione autolesionista dei movimenti americani d’ispirazione anti-occidentale ha spaventato la maggioranza dei votanti. La apatia del non-cambiamento, in continuità con Joe Biden, pure (ha quindi vinto Trump). (L'Opinione)

"Non dovrebbe essere una grande sorpresa che un partito democratico che ha abbandonato la classe media scopra di essere abbandonato dalla classe operaia. Il senatore indipendente Bernie Sanders attacca il partito democratico per la sconfitta di Kamala Harris (La Gazzetta del Mezzogiorno)

Nelle riflessioni sulla sconfitta di Kamala Harris si è parlato molto di machismo. No, il problema è che gli americani amano la bandiera ma non le guerre, mettono le spillette patriottiche al bavero della giacca ma diffidano dei guerrafondai, piangono agli alzabandiera ma detestano chi manda i loro ragazzi a morire Oltreoceano. (il manifesto)

Dietro la sconfitta di Kamala Harris c’è la guerra, non il machismo

Volete capire le ragioni della sconfitta del Partito Democratico americano alle elezioni del 5 novembre? Scoprire perché Kamala Harris abbia perso contro Donald Trump, la sua formazione sia stata staccata nel voto popolare, il Senato conquistato dal Partito Repubblicano e tutte le speranze ormai ridotte alla corsa a controllare la Camera dei Rappresentanti? Riavvolgere il nastro del discorso di ieri con cui la vicepresidente uscente ha ufficialmente concesso la vittoria all’avversario servirà a poco. (Inside Over)

Sempre che essi si liberino da quella spocchia intellettuale e morale - vizio, questo, che è un po’ di tutta la sinistra occidentale - che li fa sentire superiori alla destra e che quindi li rende restii ad accettare un responso sfavorevole delle urne. (L'Eco di Bergamo)

Qui a Filadelfia nel luglio del 2016, all’interno dello stadio che ospitava la Convention Democratica, l’élite del partito e diversi pezzi da novanta dello showbiz onoravano Hillary Clinton. I superdelegati ribaltavano o modificavano il voto popolare di alcuni Stati in cui Hillary aveva perso o era più o meno in parità con il suo avversario alle primarie Bernie Sanders; i delegati di quest’ultimo si vedevano negare la parola e quando lasciavano gli spalti per protesta venivano sostituiti con dei figuranti in modo che nelle riprese televisive non si vedessero settori stranamente vuoti. (Jacobin Italia)