’Ndrangheta al Nord - Sequestrati beni per 2,6 mln a due imprenditori legati alla cosca Grande Aracri di Cutro

’Ndrangheta al Nord La Direzione Investigativa Antimafia, coordinata dalla Dda di Bologna, ha sequestrato beni per un valore di circa 2,6 milioni di euro a due imprenditori, padre e figlio, indiziati di appartenere all'associazione 'ndranghetistica emiliana. Tra le diverse vicende penali che li hanno visti coinvolti, spicca quella venuta alla luce nell'ambito del maxi processo "Aemilia", ritenuta dai giudici della Corte di Appello di Bologna come una delle «più significative e caratterizzanti il sodalizio emiliano per le sue dinamiche interne e la sua capacità di porre in essere operazioni illecite e di accaparramento di somme di provenienza delittuosa, anche grazie all'appoggio compiacente di operatori del settore finanziario». (LaC news24)

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La Direzione investigativa antimafia, coordinata dalla Dda di Bologna, ha eseguito un provvedimento di sequestro di circa 2,6 milioni, emesso dal Tribunale - sezione misure di prevenzione nei confronti di due imprenditori, padre e figlio, indiziati di appartenere all’associazione 'ndranghetistica emiliana. (Gazzetta di Parma)

I retroscena della truffa che ha portato al maxi sequestro da 2,6 milioni attuato dalla Dda di Bologna a partire dalla figura di Oppido e dallo schiaffo che gli diede il boss Nicolino Aracri CUTRO (CROTONE) – L’affare “Oppido”, una truffa ai danni del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, valeva 2,6 milioni. (Quotidiano del Sud)

Tale misura è stata disposta dal Tribunale, Sezione Misure di Prevenzione, nei confronti di due imprenditori, padre e figlio, sospettati di essere affiliati all’associazione ‘ndranghetista attiva in Emilia Romagna. (Telemia)

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Il decreto di sequestro ha interessato 55 immobili, due società del settore edile, rapporti finanziari, partecipazioni societarie e un automezzo (ReggioSera.it)

Tra le diverse vicende penali che li hanno visti coinvolti, spicca quella venuta alla luce nell'ambito del maxi processo "Aemilia", ritenuta dai giudici della Corte di Appello di Bologna come una delle "più significative e caratterizzanti il sodalizio emiliano circa le sue dinamiche interne e la sua capacità di porre in essere operazioni illecite e di accaparramento di somme di provenienza delittuosa, anche grazie all'appoggio compiacente di operatori del settore finanziario". (il Resto del Carlino)