L'ultima carta di Turetta: «Assassino sì, stalker no». Nel memoriale prova a confutare l'accusa di aver perseguitato Giulia

Filippo Turetta è reo confesso del femminicidio di Giulia Cecchettin. Assassino sì, ma stalker no, lascia tuttavia intendere l’imputato nel memoriale depositato al processo in corso a Venezia. «Il ricordo di certe emozioni è stato via via più chiaro anche studiando le carte, ascoltando i notiziari e riflettendo dentro di me», premette il 22enne di Torreglia nella prima delle 80 pagine scritte per un quarto a mano e per il resto a computer, così svelando di aver seguito in carcere a Montorio Veronese la copertura giornalistica dell’inchiesta giudiziaria e mostrando di voler confutare l’accusa di aver perseguitato la ragazza di Vigonovo, prima di ucciderla con 75 coltellate. (ilgazzettino.it)

Se ne è parlato anche su altre testate

Mi piaceva farlo ed era un'abitudine.Ci saranno almeno tra le 15mila e le 20mila foto nella galleria del mio cellulare”, così Filippo Turetta nel memoriale scritto durante la detenzione e depositato al processo. (Fanpage.it)

Così il prof Giovanni Caruso, difensore di Filippo Turetta, commenta con l'ANSA il processo che vede il giovane imputato per l'omicidio di Giulia Cecchettin. Per Filippo Turetta "prevedo una commisurazione della pena della giusta severità". (Tiscali Notizie)

Il drammatico racconto Un delitto maturato nella mente dell’assassino già un anno prima di essere commesso. Fino all’epilogo della sera dell’11 novembre scorso con l’appuntamento al commerciale di Marghera, l’aggressione a Vigonovo nel parcheggio vicino alla casa di lei e lo spostamento in auto a Fossò. (Livesicilia.it)

Le lacrime di Turetta, la psicologa: «Piangeva solo per sé»

Il particolare viene rivelato da Filippo Turetta, in una delle 80 pagine del memoriale scritto a mano e al computer durante la detenzione, e che è stato depositato venerdì scorso, durante l'udienza in cui ha deposto al processo in Corte d'Assise per l'omicidio di Giulia Cecchettin. (ilmessaggero.it)

«Io ogni volta che ci vedevamo facevo tante foto a Lei o a entrambi insieme. Mi piaceva farlo ed era un’abitudine. (Corriere della Sera)

Non a quello che ha fatto a Giulia Cecchettin. Ne è convinta Ameya Gabriella Canovi, psicologa con un dottorato di ricerca nell’ambito dello studio delle emozioni e della psicologia dell’educazione alle spalle. (La Nuova Venezia)