Salvini: “Nessun alibi per negarmi il Viminale. Ora sto bene ai Trasporti, vedremo”

Nega e conferma Matteo Salvini il suo desiderio di tornare al Viminale. Nonostante la chiusura della presidente del Consiglio Giorgia Meloni dalla Lapponia ("C'è un ottimo ministro dell'Interno, siamo contenti del suo lavoro"), il vicepremier continua a lasciare aperta la porta che lo ricondurrebbe al dicastero guidato dal 2018 al 2019. Da una parte dice che sì, ora "al ministero degli Interni c'è un amico, una persona che ha la mia amicizia e la mia fiducia come Matteo Piantedosi" e quindi assicura: "Sto bene dove sto". (la Repubblica)

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Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi ad otto anni. Dice così l’articolo 605 del codice penale. Chiunque priva taluno della libertà personale. I profughi, se certamente avevano il diritto di essere soccorsi e salvati, non avevano il diritto di entrare in Italia tout court ma di essere sbarcati in un porto sicuro dunque, più vicino. (La Stampa)

"Al ministero degli Interni c'è un amico, una persona che ha la mia amicizia e la mia fiducia come Matteo Piantedosi, sicuramente occuparsi della sicurezza, del futuro, della tranquillità e della serenità di milioni di italiani è qualcosa di bello a cui tutti non potrebbero che ambire". (la Repubblica)

Dopo la sentenza di assoluzione per il caso Open Arms, si rincorrono le voci di un possibile ritorno del leader della Lega a capo del Ministero dell'Interno (LAPRESSE)

Su Open Arms "c'è un giudice a Berlino". A sinistra è l'occasione per pentirsi? No, per rilanciare l'odio contro "la via italiana"

Oggi rompe il silenzio e lo fa sulle pagine del Corriere. Matteo Salvini, come è noto è stato assolto. (Liberoquotidiano.it)

Il vicepremier e ministro Matteo Salvini durante in un punto stampa a Milano risponde a una domanda sul suo possibile ritorno al Viminale dopo l'assoluzione al processo Open Arms partendo di qui. Una possibilità che Meloni aveva escluso dalla Lapponia (La Stampa)

In soldoni l’assoluzione piena di Matteo Salvini – «perché il fatto non sussiste» – nel favoloso mondo del Nazareno, del gruppo Gedi e dei salotti televisivi dove sono “resistenti”, diventa motivo non per tornare mestamente sui propri passi, autocritica inclusa, ma per continuare a processare il centrodestra. (Secolo d'Italia)