Sinner: «Alcaraz geniale». E svela il suo rituale: mi rilasso solo quando guido

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Jannik Sinner, numero 1 del tennis, svela il suo rituale, di come riesca a rilassarsi quando è al volante e parla anche del rivale Alcaraz, definendolo «geniale». Il rituale di Sinner Rilassarsi al volante, la 'strategia' di Jannik Sinner: «Guidando, mentre ascolto un po' di musica. Sembra banale, ma non lo è per chi è sempre in giro per il mondo. A MonteCarlo dopo gli allenamenti a volte mi metto al volante e faccio un giro, anche a Torino per le Atp Finals verrò in macchina». (ilgazzettino.it)

La notizia riportata su altre testate

Così Jannik Sinner, numero uno del tennis mondiale, parla del suo rivale Carlos Alcaraz in una intervista a La Stampa oggi in edicola., "Carlos in campo fa i numeri: smorzata, passante, lob... Io tengo il ritmo molto alto, sono forte mentalmente. (Sport Mediaset)

Ma per me è un fatto positivo: significa che ho margini”. – “Siamo due giocatori molto diversi. (Agenzia askanews)

"Jannik non è completo come Carlos". A dirlo è Patrick Mouratoglu che come al solito non è mai banale nei giudizi. L'allenatore francese ha parlato a Tennis365 della rivalità tra Alcaraz e SInner. E ha spiegato quali siano le differenze sostanziali tra i due astri nascenti del tennis mondiale, paragonandoli alle tre leggende dello scorso decennio: Rafa Nadal, Roger Federer e Novak Djokovic. (Liberoquotidiano.it)

Il mondo del tennis si appresta a vivere una grande rivalità? Forse sì. Ci sono tutti i presupposti affinché Jannik Sinner e lo spagnolo Carlos Alcaraz possano dar luogo a un confronto d’eccellenza, da riportare alla mente le sfide dei Big-3. (OA Sport)

Lui lo è fisicamente e tennisticamente al momento ha qualcosina in più: gioca meglio lo slice, le volée. Io tengo il ritmo molto alto, sono forte mentalmente. (Sport Mediaset)

Anche quando ti siedi a chiacchierare con lui nella «pancia» della Accor Arena, a Parigi-Bercy, Jannik l’antidivo ti guarda negli occhi e apre il cuore. «Perché piaccio alla gente? Forse perché sono uno normale». (La Stampa)