Fitto e il suo inglese didascalico: così legge il suo discorso di presentazione ai parlamentari Ue

Raffaele Fitto, commissario designato come vicepresidente della Commissione Europea, ha letto di fronte ai parlamentari Ue il suo discorso di presentazione. Lo ha fatto durante l'audizione in cui erano previsti interpreti e traduttori, ma Fitto ha scelto di leggere il suo discorso in inglese, mostrando una padronanza non perfetta della lingua. Nessun errore grammaticale, ma la sua pronuncia scolastica è stata notata da molti sia in aula che fuori (Corriere TV)

Su altre fonti

E dopo oltre una settimana di audizioni per confermare o bocciare i singoli commissari della nuova squadra von der Leyen, questa paura si è manifestata palese, senza filtri, nel giorno delle audizioni dei vicepresidenti esecutivi. (Il Fatto Quotidiano)

(Adnkronos) – L’audizione di Raffaele Fitto in commissione Regi al Parlamento Europeo è stata “molto solida” e “siamo ottimisti” sulla sua nomina a vicepresidente esecutivo della Commissione Europea. (Il Giornale dell'Umbria – il giornale on line dell'Umbria)

L'audizione di Raffaele Fitto, commissario italiano designato e vicepresidente esecutivo in pectore della Commissione Ue a Bruxelles è stata una sonora lezione della sinistra. In tanti, nel campo progressista europeo, sognavano di metterlo in difficoltà. (Liberoquotidiano.it)

Fitto all’Eurocamera ‘rinnega’ le astensioni di FdI sul Next Generation Eu: “Oggi voterei sì”. Fascismo? Lui rivendica il passato nella DC

Il problema non è più (o non è mai stato) Raffaele Fitto, ora il problema è Ursula. (il Giornale)

(Adnkronos) – Nella plenaria a Strasburgo sulla nomina della Commissione Europea presieduta per il prossimo quinquennio da Ursula von der Leyen “le diverse delegazioni nazionali dell’Ecr valuteranno come votare, ma il voto della delegazione di Fratelli d’Italia sarà favorevole, per l’ovvia e naturale ragione che il commissario italiano è espressione del nostro partito”. (Il Giornale dell'Umbria – il giornale on line dell'Umbria)

Ma nel complesso l’uomo di Giorgia Meloni al Berlaymont è riuscito a destreggiarsi, giocandosi la carta della sua incrollabile ‘fede’ democristiana, prendendo quindi le distanze da chi lo ha accusato di fascismo, e facendo anche mea culpa per alcune posizioni assunte durante i suoi circa dieci anni tra i Palazzi di Bruxelles. (Il Fatto Quotidiano)