Crocifisso in aula, la Cassazione: la scuola decida in autonomia
"È innegabile - spiega - che quell'uomo sofferente sulla croce non possa che essere simbolo di dialogo".
Hanno, inoltre, ricordato, come l'esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non avendo il Parlamento approvato una legge, sia tuttora prevista da un regio decreto del 1924, ma non è più un atto dovuto, non essendo consentito dalla Costituzione imporne la presenza.
In definitiva, la circolare del dirigente scolastico era illegittima perché ordinava l'esposizione del crocifisso senza percorrere la strada del confronto e della mediazione, con la conseguenza che parte della sanzione disciplinare che era stata inflitta al docente dissenziente è stata invalidata. (la Repubblica)
Ne parlano anche altri giornali
“L’aula può accogliere la presenza del crocifisso – si legge nella sentenza 24414 – quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”. (Papaboys 3.0)
Si avrà una società anonima, livellata verso il basso, senza conoscenza e senza storia. E’ come nelle relazioni umane: per intessere relazioni sane occorre prima conoscersi per poi conoscere gli altri». (leggo.it)
“I giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni, ma è espressione di un sentire comune radicato nel nostro Paese e simbolo di una tradizione culturale millenaria”. (MilanoPost)
Il gesto di togliere a forza, da sé, il crocifisso voluto dagli alunni non pare esattamente un atto educativo. La libertà del no può annientare la libertà altrui del sì? (Avvenire)
Adesso il prof, a distanza di quasi tre lustri, si dice soddisfatto per l’evoluzione della vicenda giudiziaria. Il rammarico per il professor Metastasio è che “questa sentenza arrivi ben 13 anni dopo i fatti” (Tecnica della Scuola)
L’affissione del crocifisso – al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione. (PaeseRoma.it)