Processo Regeni, la Corte d'Assise di Roma accusa quattro agenti segreti egiziani

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La Corte d'Assise di Roma, nel corso del processo contro quattro agenti segreti egiziani accusati del sequestro, della tortura e dell'omicidio di Giulio Regeni, ha dichiarato che l'Egitto non è un paese sicuro. I giudici, senza mezzi termini, hanno sottolineato come la situazione dei diritti civili in Egitto sia ampiamente compromessa, basandosi su numerosi fatti obiettivi.

Giulio Regeni, ricercatore friulano, venne ritrovato cadavere il 3 febbraio 2016 nei pressi del Cairo. Durante il processo, un testimone, identificato con la lettera "Gamma" per proteggere la sua identità, ha riferito di aver sentito il maggiore Magdi Ibrahim Abdel Sharif, uno degli imputati, vantarsi di aver fatto a pezzi Regeni. Questo episodio sarebbe avvenuto in un ristorante a Nairobi nel settembre 2017, dove Sharif avrebbe confidato a un addetto dei servizi di sicurezza del Kenya di aver distrutto l'accademico italiano, sospettato di essere un agente della CIA o del Mossad.

Il racconto del testimone Gamma, che ha assistito alla conversazione tra Sharif e un altro uomo, è stato rivelato durante il processo. Gamma ha descritto come Sharif, senza remore, abbia ammesso di aver colpito Regeni, contribuendo così a inchiodare l'agente segreto egiziano alle sue responsabilità. Le parole del testimone hanno avuto un forte impatto in aula, evidenziando la brutalità con cui Regeni è stato trattato.

La Corte d'Assise di Roma, nel corso delle udienze, ha raccolto numerose testimonianze e prove che documentano le violazioni dei diritti umani in Egitto, rafforzando l'accusa contro i quattro agenti segreti.