Crocifisso in aula, la sentenza della Cassazione contestata da Suor Alfieri: «È come gli altri simboli? Allora togliamoli tutti»
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Si avrà una società anonima, livellata verso il basso, senza conoscenza e senza storia.
«Spiace che il crocifisso, nonostante il nobile significato cui rimanda, sia, di tanto in tanto, fatto oggetto di sterili polemiche e inutili contese - dichiara Suor Monia -.
E’ come nelle relazioni umane: per intessere relazioni sane occorre prima conoscersi per poi conoscere gli altri».
«Vogliamo mettere accanto al crocifisso i simboli delle altre religioni?
E conclude: «Se i laicisti vedono nel crocifisso un simbolo religioso prevaricatore e non rispettoso di chi professa altre religioni, stiano pure tranquilli: è già uscito dalle scuole italiane!
Ne parlano anche altre testate
E’ il commento di mons. Stefano Russo, segretario generale della Cei, alla sentenza della Cassazione, pur riservandosi di leggerla nella sua integralità. “I giudici della Suprema Corte confermano che il crocifisso nelle aule scolastiche non crea divisioni o contrapposizioni, ma è espressione di un sentire comune radicato nel nostro Paese e simbolo di una tradizione culturale millenaria”. (MilanoPost)
“L’aula può accogliere la presenza del crocifisso – si legge nella sentenza 24414 – quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”. (Papaboys 3.0)
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La libertà del no può annientare la libertà altrui del sì? Colpisce la frase «libertà negativa» usata dalla Corte. (Avvenire)
“Peccato che i giudici non abbiano ancora mostrato coraggio sotto il profilo della questione discriminatoria verso le altre religioni”, ha sottolineato. Il rammarico per il professor Metastasio è che “questa sentenza arrivi ben 13 anni dopo i fatti” (Tecnica della Scuola)
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato che la disposizione del regolamento degli anni venti del secolo scorso – che tuttora disciplina la materia, mancando una legge del Parlamento – è suscettibile di essere interpretata in senso conforme alla Costituzione. (PaeseRoma.it)