Abbiamo visto “Parthenope” di Paolo Sorrentino al Cinema Troisi di Roma, tra ragazze cloni di Celeste Dalla Porta e un'immaginaria proiezione sulla destra con Pino Rauti trasfigurato in Giorgia Meloni

Se Parthenope di Paolo Sorrentino vuol essere una metafora, un diadema del tempo creaturale infine smarrito, non tutte le sue perle sono lucenti. E gli stessi smeraldi dell’esistenza trascorsa appaiono spaiati nella discontinuità. Non si tratta di vuoti, semmai è l’intera sostanza preziosa a sfuggire alla piena attenzione dello sguardo. Un racconto frastagliato, forse volutamente contraddittorio, eppure la sensazione che si tratti, appunto, di un’opera sulla tardiva consapevolezza dell’oro della giovinezza ormai lontana, bellezza da intuire pienamente solo quando è già infranta, in attesa di decomporsi, smeraldo ormai scheggiato, viene infine meno, quasi si dissolve. (MOW)

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Parthenope di Sorrentino e la frase sui napoletani: scoppia il caso Una frase sui napoletani in Parthenope, il decimo film di Paolo Sorrentino, ha fatto scoppiare un vero e proprio caso: un monologo tagliente contro il popolo partenopeo che ha scatenato le reazioni più disparate. (inItalia)

«Avevo la possibilità di esplorare qualcosa che a Napoli esiste ed è una specie di “Incredibile napoletano”, nel senso che Napoli è una città che ha che fare con l'incredibile, perché c'è una smisurata costante teatralizzazione di tutto». (Vogue Italia)