La nuova geografia della detenzione in Italia
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Negli ultimi anni, il sistema italiano di detenzione amministrativa ha subito una trasformazione significativa, passando da una struttura destinata principalmente ai migranti considerati "irregolari" a un sistema che include sempre più richiedenti asilo. Questo cambiamento ha portato a un'espansione delle categorie di persone detenute e a una differenziazione interna del sistema stesso. Un esempio emblematico di questa evoluzione è il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Torino, che, nonostante sia rimasto aperto solo tre mesi nel 2023, è risultato essere il più costoso d'Italia, con un costo per posto di 16.000 euro.
Il dossier "Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri", realizzato da ActionAid e dal dipartimento di Scienze Politiche dell'Università di Bari, descrive il Cpr di corso Brunelleschi come una "propaggine del carcere". Questo centro, come molti altri in Italia, è stato criticato per la sua inefficacia: nel 2023, solo il 10% dei migranti trattenuti nei Cpr è stato effettivamente rimpatriato. Nonostante i costi elevati, che dal 2018 al 2023 hanno sfiorato i 93 milioni di euro, il sistema continua a mostrare gravi lacune.
Il modello italiano, che ispira anche l'accordo con l'Albania, appare tutt'altro che efficiente. Le rivolte all'interno dei centri, i costi esorbitanti e le decisioni dei giudici a favore dei migranti sono solo alcuni dei problemi evidenziati nel rapporto. Tuttavia, il dossier non approfondisce le problematiche interne dei centri per i rimpatri, né il vero obiettivo del governo, che sembra essere quello di rendere le strutture più efficienti piuttosto che considerarle "non luoghi" gestiti da cooperative senza scrupoli.
Il sistema dei Cpr in Italia necessita di una revisione profonda per affrontare le criticità emerse e garantire una gestione più efficace e umana della detenzione amministrativa.