Orcel e Banco Bpm: i numeri che frenano l’offerta di Unicredit

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ECONOMIA

Più che il golden power – lo strumento con cui il governo ha imposto condizioni stringenti all’operazione – o le resistenze del Credit Agricole, azionista di riferimento con il 20%, a pesare sulla decisione di Andrea Orcel potrebbero essere i conti stessi di Banco Bpm. Il numero uno di Unicredit, che ha fissato il via all’offerta pubblica di scambio per lunedì prossimo, non sembra intenzionato a mollare la presa, pronto a sfruttare eventuali oscillazioni di mercato. Ma i bilanci, più di ogni altra cosa, potrebbero rivelarsi l’ostacolo decisivo.

Il golden power, utilizzato dall’esecutivo per tutelare quelli che definisce "interessi strategici nazionali", ha visto un’applicazione sempre più massiccia negli ultimi anni. Se nel 2014 le notifiche erano appena otto, nel 2020 hanno superato quota 342, per poi toccare 496 l’anno seguente e sfondare la soglia delle 660 nel 2024. Un incremento esponenziale che dimostra come lo strumento, nato per controllare acquisizioni estere in settori sensibili, sia diventato un’arma sempre più centrale nella politica economica del governo.

Intanto, a Verona – dove Banco Bpm ha una delle sue sedi storiche – l’opposizione all’operazione si fa sentire. Il senatore di Fratelli d’Italia Matteo Gelmetti, componente della commissione d’inchiesta sul sistema bancario, ha dichiarato che «chi vuole bene a Verona non può essere favorevole all’offerta», sostenendo che il territorio sarebbe il più penalizzato. Un’affermazione che riflette le tensioni locali, ma che non sembra incidere sulla strategia di Unicredit, la quale dovrà comunque rispettare i paletti fissati da Roma