Le Brigate rosse uccidono il papà carabiniere, lo sfogo del figlio: «Dopo 50 anni chiedo giustizia»
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La notizia della sparatoria con le Brigate rosse che aveva coinvolto il padre, poi morto in ospedale giorni dopo, Bruno D’Alfonso l’apprese accendendo la tv. Era il 5 giugno 1975. «Avevo dieci anni. Io, mia madre e le mie sorelle avevamo appena pranzato. Stavamo guardando il telegiornale e siamo rimasti impietriti, fu uno shock». E c’era ovviamente anche lui, oggi 60enne, in aula a Torino in occasione dell’udienza preliminare per la sparatoria alla Cascina Spiotta, dove oltre a suo padre, l’appuntato dei carabinieri Giovanni D’Alfonso, era morta anche Mara Cagol, moglie del fondatore delle Br, Renato Curcio (Torino Cronaca)
Ne parlano anche altri media
Si apre il processo per la sparatoria alla cascina Spiotta, il figlio dell'appuntato Giuseppe D'Alfonso: "Dopo 50 anni vogliamo la verità" (La Stampa)
(simona lorenzetti) È cominciata al palazzo di giustizia di Torino l’udienza preliminare a quattro ex esponenti delle Brigate Rosse per la sparatoria del 5 giugno 1975 alla cascina Spiotta, nell’Alessandrino, che costò la vita all’appuntato dei carabinieri Giovanni d’Alfonso. (Corriere TV)
Imputati sono quattro ex brigatisti, tutti accusati di omicidio aggravato: Renato Curcio (il fondatore delle Brigate rosse), Lauro Azzolini, Mario Moretti e Pierluigi Zuffada. Si è aperta questa mattina, giovedì 26 settembre, in tribunale a Torino l'udienza preliminare sulla sparatoria tra Brigate rosse e carabinieri del 4 giugno 1975, nell'Alessandrino. (Torino Cronaca)
Primo appuntamento in aula per l’udienza preliminare che racconta la sparatoria del 5 giugno 1975 avvenuta alla Cascina Spiotta, nel comune di Arzello, nell’Alessandrino. È un processo, ma anche una ricostruzione storica di un passato mai dimenticato. (Corriere della Sera)
PENNE Il ritorno alla cascina Spiotta quasi cinquant’anni dopo in un’aula giudiziaria è cominciato ieri e proseguirà il 16 ottobre a Torino, davanti alla giudice Ombretta Vanini. (ilmessaggero.it)
Il punto cruciale del procedimento in corso a Torino è l’utilizzo del trojan grazie al quale la procura ha raccolto due intercettazioni che ritiene fondamentali. (il manifesto)