Giancarlo Gentilini, morto a 95 anni l'ex sindaco "sceriffo" di Treviso
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Si è spento all’età di 95 anni Giancarlo Gentilini, figura emblematica della politica veneta e nazionale, soprannominato "lo sceriffo" per il suo stile diretto e spesso polemico. Eletto sindaco di Treviso nel 1994 e riconfermato nel 1999, rimase al governo della città fino al 2013, prima come primo cittadino e poi come vicesindaco, lasciando un’impronta indelebile nella sua amministrazione. La sua carriera politica, iniziata nella Dc e proseguita con la Liga Veneta e la Lega Nord, lo ha reso uno dei simboli più riconoscibili – e divisivi – dell’epoca bossiana.
Le sue dichiarazioni, spesso al centro di polemiche, gli valsero fin da subito un’attenzione che travalicava i confini locali. "Tolleranza zero" era il suo motto, un approccio che applicò con determinazione, guadagnandosi tanto l’ammirazione di chi ne apprezzava il rigore quanto le critiche di chi lo considerava eccessivamente duro. Nonostante le controversie, il suo legame con Treviso rimase solido, al punto che molti continuarono a chiamarlo "sindaco" anche dopo la fine dei suoi mandati.
Tra chi lo ha ricordato con commozione c’è Giovanni Manildo, ex sindaco della città, che ha parlato di un "prima e un dopo Gentilini". «Tra noi c’è sempre stato un rapporto franco», ha detto Manildo, la voce rotta dall’emozione, sottolineando come la sua scomparsa segni la fine di un’epoca. La loro storia politica si era intrecciata negli anni, tra consigli comunali e battaglie amministrative, in un rapporto fatto di contrasti ma anche di rispetto reciproco.
La sua immagine pubblica, costruita su un linguaggio schietto e provocatorio, si legava a una personalità vulcanica, capace di gesti plateali come quello dell’uovo di Pasqua contenente una stelletta e una pistola giocattolo, regalatogli durante il suo primo anno a Ca’ Sugana. Quel simbolo, tra il goliardico e il provocatorio, riassumeva bene il suo stile: irriverente, ma con una concretezza che gli valse il soprannome di "sindaco dei tombini", inizialmente usato con sufficienza e poi, col tempo, con un certo affetto.