Ecco come il governo estende la Web tax

Articolo Precedente

precedente
Articolo Successivo

successivo
Start Magazine ECONOMIA

Ecco come il governo estende la Web tax Con la manovra 2025 il governo ha previsto l’ampliamento della platea dei soggetti sottoposti alla web tax eliminando le soglie di fatturato. In subbuglio le società del settore. Fatti, numeri e polemiche L’Italia inasprisce la web tax eliminando le soglie sui ricavi per le imprese attive nel digitale. Era il 2020 quando l’Italia ha introdotto la Digital Service Tax (Web tax), un prelievo del 3% sui ricavi delle transazioni via internet per le aziende digitali con un fatturato di almeno 750 milioni di euro, di cui almeno 5,5 milioni realizzati in Italia. (Start Magazine)

La notizia riportata su altri giornali

"Si rischia di pregiudicare le startup e lo sviluppo del settore – spiega il presidente di Cna Digitale, Nicola Ciulli –. Si tratterebbe di una forte penalizzazione per il settore, particolarmente per le piccole e medie imprese e le start-up. (il Resto del Carlino)

In origine la web tax italiana, chiamata Digital Service Tax (o meglio Imposta sui Servizi Digitali), era nata con l’obiettivo di portare a tassazione una parte dei proventi realizzati in Italia da parte delle cosiddette Big tech, le multinazionali operanti su internet, le quali, grazie alle loro capacità di pianificazione fiscale, secondo buona parte dell’opinione pubblica, di solito non pagano una quantità sufficiente di imposte nei territori in cui i profitti sono effettivamente realizzati. (Fiscoetasse)

L’intento annunciato era di colpire i giganti del web, ma se il provvedimento inserito nella manovra finanziaria dal Governo Meloni non cambierà, nel 2025 rischia di trasformarsi in un balzello sulle piccole e medie imprese digitali editoriali. (AostaSera)

La nuova web tax spaventa le start up: “Così ci distruggono”

La rivolta unanime del mondo dell’editoria contro la nuova web tax del governo Meloni ha pochi precedenti. La web tax oggi dev’essere versata dalle grandi aziende tecnologiche e dalle piattaforme digitali italiane e straniere, come Facebook, Google o Airbnb. (Il Fatto Quotidiano)

Parola di Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, uno dei politici sicuramente più attivi nell’impegno di far pagare le tasse ai giganti del web. E, nell’intervista a QN, non rinuncia alla stoccata polemica: "Vedo troppi addetti alle relazioni istituzionali delle big tech che fanno azioni di lobby sui miei colleghi parlamentari. (QUOTIDIANO NAZIONALE)

Se approvata, non riguarderà più solo i colossi del big tech, ma dovrà essere pagata pure da piccole aziende, start up e realtà appena nate… (La Repubblica Firenze.it)