La donazione Ian McKellen alla Gilda inglese
Articolo Precedente
Articolo Successivo
Sir Ian McKellen, star cinematografica e storico attore di teatro, ha donato 40mila sterline ai lavoratori dello spettacolo in crisi per il Covid-19.
E chi poteva pensare di intervenire, se non lui, una vita dedicata al teatro inglese e shakespeariano prima che al cinema – poco dopo, tra l’altro, aver annunciato l’intenzione di interpretare Amleto cinquant’anni dall’ultima volta.
McKellen, famoso per i ruoli epici di Gandalf del Signore degli Anelli e di Magneto nella saga degli X-Men, ha lanciato contestualmente un fondo per aiutare la Gilda Teatrale inglese, la no profit che aiuta costumisti, usceri, maschere e chiunque lavori dietro le porte dei teatri ormai vuoti. (Artribune)
Ne parlano anche altri media
I ricavati della galleria saranno devoluti a due associazioni LGBT italiane: Casa Famiglia Refuge LGBT e Plus – Persone LGBT+ sieropositive. (Senza Linea)
Il valore delle opere contemporanee è cresciuto del 7,5% annuo secondo il Deloitte Art & Finance Report e da marzo sono in aumento le partecipazioni ad aste oltre che gli acquisti di quadri e sculture. (Corriere della Sera)
Ed ecco quindi che Il metro infinito di Mario Merz ha registrato il top price delle due tornate (96.250 euro). E il revenge spending, sommato alla qualità a cui Il Ponte ci ha straordinariamente abituati, fa segnare un altro punto vincente alla casa d’aste milanese. (ExibArt)
Lo sa bene Youssef Nabil (Il Cairo, 1972), costretto a lasciare l’Egitto per inseguire i propri ogni, nel solco di una vena artistica che non avrebbe trovato linfa nel Paese d’origine. 1 of 11. Abbandonare la propria terra significa tranciare di netto radici involontarie, che parlano di generazioni, famiglia, memoria. (Artribune)
Roberto ed i suoi amici amici, convinti che la pittura possa essere divertente e conviviale, hanno iniziato a proporre una esperienza pittorica itinerante a scoprire luoghi e realtà enogastronomiche locali. (RovigoOggi.it)
Con ironia, l’artista gioca anche sulla metafore di una società che cerca rifugio, dal virus come da altre minacce, e costruisce una Wunderkammer di oggetti e figure familiari eppure inquietanti, dove la leggerezza dell’allestimento (quasi un giardino zen), contrasta con i drammi concettuali che le opere evocano. (Artribune)