Ucciso in strada a 15 anni, ecco cos’è la guerra dei ragazzini in corso a Napoli

La chiamano già la guerra dei ragazzini e davvero le prime indagini sull’omicidio di Emanuele Tufano, 15 anni, nato e cresciuto al Rione Sanità, assassinato con un colpo di pistola alle 2 della notte tra mercoledì e giovedì a due passi da corso Umberto, delineano uno scenario da conflitto urbano, con ronde di minorenni che vanno da un quartiere all’altro pronti a uccidere o ad essere uccisi. Non c’è solo il luogo del delitto, con una ventina di proiettili di diverso calibro disseminati lungo circa 200 metri di strada, a ricordarlo. (La Repubblica)

Ne parlano anche altri giornali

Dicono di aver replicato al fuoco. Uno dei due ha fatto fuoco, per replicare agli spari, ed ha centrato alla schiena Emanuele Tufano. (ilmattino.it)

Sulla pelle di Emanuele, ancora una volta su un ragazzo, il segno di colpi d’arma di fuoco: traccia indelebile di una guerra e di una cultura violenta di cui non sono i giovani i responsabili, i colpevoli, ma le vittime. (La Repubblica)

Paola Brunese, presidente del Tribunale per i minorenni di Napoli, commenta quello che è accaduto l’altra notte in uno dei vicoli a ridosso del corso Umberto dove un quindicenne è stato ucciso da un proiettile che lo ha raggiunto alla schiena. (ilmattino.it)

Emanuele Tufano ucciso a 15 anni a Napoli, la sorella: «Era un bravo ragazzo»

La vittima, il 15enne Emanuele Tufano Un gruppo di giovanissimi, quasi tutti minorenni e della Sanità, che incrocia un altro gruppo proveniente però dal quartiere Mercato; questi ultimi che iniziano a sparare, i primi che rispondono al fuoco. (Fanpage.it)

Si tratta di un'opera certosina finalizzata a delineare anche nei minimi dettagli quanto successo in via Carmeniello al Mercato, all'angolo con corso Umberto I. (Metropolisweb)

«Emanuele era un bravo ragazzo lo descrivono così tutte le persone che lo conoscevano nel quartiere e anche la sua ex professoressa - ha detto riferendosi alla docente che ha postato messaggi sui social- ora vogliamo che sia rispettato il nostro momento di dolore». (ilmattino.it)