Controllori Mef, Tajani frena. Il Tesoro apre a modifiche
Antonio Tajani non ci gira troppo attorno e la mette giù dura. «Credo», dice, «che debba essere corretta una norma priva di qualsiasi senso, voluta forse da qualche burocrate del Mef». La norma in questione è quella che obbliga tutte le imprese, pubbliche o private, che accedono a contributi pubblici in maniera diretta o indiretta, di aprire i loro collegi sindacali ad un funzionario del Tesoro. è Roba da Germania dell’est, secondo il ministro degli Esteri. (ilmessaggero.it)
Ne parlano anche altre testate
Se ipotizzare un tassa sugli extraprofitti delle banche era per Forza Italia una idea da bolscevichi, far sedere per legge un rappresentante del Tesoro nei collegi dei revisori delle aziende che prendono soldi pubblici è roba da Germania dell'Est. (L'HuffPost)
faccio seguito all’articolo di Savino Gallo del 29 ottobre (si veda “ANC: «No al controllo diretto del MEF nelle imprese»”) per sottolineare l’invasività e l’invadenza della norma che consente allo Stato di nominare un rappresentante del MEF negli organi di controllo degli enti (parrebbe tutti) che hanno ricevuto contributi dallo Stato (con una soglia bassissima di 100.000 euro come limite): e il libero mercato? E la funzione del sindaco scelto dai soci a loro tutela? E l’indipendenza che sempre viene richiesta? E il conflitto di interessi fra lo Stato e le imprese? E la tutela della libera iniziativa imprenditoriale? E il ruolo e la professionalità svolta dai colleghi commercialisti? Si tratta forse dell’ennesima ammissione di questo Stato di non essere in grado di controllare (il riferimento è alla norma sull’antiriciclaggio!). (Eutekne.info)
Nemmeno in Cina o in Russia, esiste una norma così anti mercato come quella che vorrebbe introdurre il governo con la nuova legge di Bilancio: mettere un proprio sindaco in ogni società che abbia ricevuto un contributo dallo Stato. (la Repubblica)
A partire dal nuovo anno, enti e imprese che riceveranno contributi dallo Stato di grossa portata saranno soggette a controlli specifici, al fine di potenziare la supervisione sull’uso dei fondi pubblici erogati. (PMI.it)
Ma per il concordato preventivo biennale, lo strumento messo in campo dal governo per incassare almeno 2 miliardi di euro da destinare al taglio dell’Irpef, già si profila un “secondo tempo” dopo la scadenza del 31 ottobre. (QUOTIDIANO NAZIONALE)
ROMA . Più cautamente la norma somiglia a certe pratiche in voga in Cina o nei paesi nordafricani, dove il sì agli investimenti delle aziende straniere passa dall’imposizione di rappresentanti del governo negli organi societari. (La Stampa)