Il successo (effimero) nel Kursk. La corsa dei russi e un Paese sfinito

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Avvenire ESTERI

Due anni e mezzo di guerra in Ucraina ci hanno abituati ad avvicendamenti politici e militari, a purghe di graduati e a una strategia fluida. Non sorprendono così il rimpasto di metà del governo ucraino e le dimissioni di 6 ministri, avvenute in un momento difficile della guerra, che vede i russi accelerare nel Donetsk e gli ucraini faticosamente impegnati nel consolidare la mini-testa di ponte nel Kursk, pegno da riscattare in un eventuale tavolo di negoziati, invero improbabili prima che Oltreatlantico le elezioni presidenziali sciolgano i dubbi sulla Casa Bianca (Avvenire)

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Ma “Netanyahu vuole ancora più guerra”, è il titolo icastico del Washington Post, che sintetizza la posizione del premier israeliano e del suo governo. Guerre, punto – Raid nella Striscia e rastrellamenti in CisGiordania, con vittime a bizzeffe; sei ostaggi israeliani uccisi a Gaza, quando stavano per essere liberati: orrori che fanno fremere il Mondo, proteste che scuotono Israele. (Giampiero Gramaglia – Gp News)

Oltre a quelli di Kursk e del Donbass, c’è il terzo fronte, quello meridionale, tra le regioni di Zaporizhia e Kherson. Qui avrebbe dovuto avvenire la controffensiva ucraina lo scorso anno, bloccatasi quasi prima di partire sulla linea Surovikin, dal nome del generale russo che ha approntato la difesa. (RSI.ch Informazione)

Ora, di fronte al terremoto politico in corso nel potere a Kiev, è legittimo interrogarsi sui risultati dell’operazione Kursk. (il manifesto)