Montanari sostituito al museo Ginori: polemiche e accuse di "squadrismo!
Articolo Precedente
Articolo Successivo
La decisione del ministro della Cultura, Alessandro Giuli, di non riconfermare Tomaso Montanari alla presidenza della Fondazione Museo Archivio Richard Ginori di Sesto Fiorentino ha scatenato un acceso dibattito, con accuse di "squadrismo" e riferimenti al ventennio fascista. Montanari, storico dell’arte e docente universitario, ha definito la mancata riconferma un atto di «violenza e vigliaccheria insieme: si chiama fascismo», sostenendo che dietro questa scelta si celi una vendetta personale. A sostituirlo sarà Marco Corsini, sindaco di Rio nell’Elba, indicato dal ministro nonostante il parere contrario del Consiglio di amministrazione della Fondazione.
Montanari, che ha guidato il museo con risultati significativi, portandolo quasi alla riapertura, ha raccontato di aver ricevuto una lettera dalla Regione Toscana in cui gli veniva comunicata la fine del suo incarico. Una mossa che ha definito «epurazione», collegandola alla querela da lui presentata nei confronti del ministro Francesco Lollobrigida, fratello del ministro Giuli. «Mi ha querelato, e ora mi rimuove: è fascismo», ha dichiarato, aggiungendo che Giuli gli aveva già annunciato la conferma, salvo poi fare marcia indietro all’ultimo momento.
La sinistra ha reagito con durezza alla decisione, parlando di un atto politico che va oltre le competenze professionali. La scelta di nominare Corsini, descritto come «l’amico dell’amico», rientrerebbe in una prassi consolidata, ma che in questo caso assume toni più cupi, secondo Montanari, per il modo in cui è stata gestita: «Un macigno arrivato dall’alto», ha commentato, sottolineando come il metodo ricordi quello del ventennio fascista, «primo o secondo che sia».
Il ministero, dal canto suo, non ha fornito spiegazioni dettagliate, limitandosi a comunicare la nomina di Corsini. Fratelli d’Italia, partito di cui Giuli è esponente, ha replicato alle accuse di Montanari con una nota in cui si legge: «Offendere non rende competenti», senza però entrare nel merito delle critiche mosse dallo storico dell’arte.
La vicenda, oltre a sollevare interrogativi sulla gestione dei beni culturali, ha riacceso il dibattito sull’indipendenza delle istituzioni culturali dalle logiche politiche. Montanari, che ha sempre criticato apertamente l’attuale governo, definendolo «fascista nelle idee e nei metodi», ha ammesso di essere rimasto sorpreso dalla rapidità con cui le sue analisi si sono concretizzate nella sua esperienza personale. «Capita talvolta di saggiare sulla propria pelle la validità delle proprie analisi», ha scritto in un post sul suo blog, riflettendo su come la politica culturale del Paese stia prendendo una direzione che lui stesso aveva previsto, ma che ora tocca da vicino.